Il generale Mori ad Ascoli rassicura gli italiani: "La mafia ormai è finita"

I cittadini italiani possono dormire sonni tranquilli: la mafia in Italia è ormai finita, restano soltanto piccole strutture. A rassicurare tutti è l’ex comandante del ROS e direttore del Sisde, Mario Mori, ieri ad Ascoli Piceno per la presentazione del suo nuovo libro “Servizi e Segreti. Introduzione allo studio dell’intelligence”. A fare gli onori di casa gli esponenti del movimento Ascoli x Ascoli” : l’avvocato Aliberti, Francesco Petrelli e Claudio Sesto Travanti. Sala affollatissima per l’occasione, molte le autorità presenti. Tanti i temi discussi nel corso della presentazione: dalla lotta al terrorismo alla lotta alla mafia, dall’Isis a Bruno Vespa. Tante le domande che i presenti (e organizzatori) hanno rivolto al famigerato generale. Nessuna, tuttavia, riguardante le sue vicende giudiziarie (Mori è imputato per violenza o minaccia a corpo politico dello Stato nel processo sulla presunta trattativa Stato-Mafia). Mentre le adulazioni giungevano al termine, ci siamo permessi di rivolgere una domanda all’ex comandante Mori:come mai il 15 gennaio del 1993, giorno in cui fu arrestato Totò Riina, non fu perquisito il suo covo e nemmeno nei giorni successivi visto che lei era al comando del ROS?” Mori, irritato dalla domanda, risponde attaccando il cronista: “Lei forse neanche era nato nel 1993 e non sa minimamente di cosa parla. Secondo lei Riina aveva elementi segreti nel proprio covo?” Una risposta di una banalità e superficialità quasi imbarazzante quella del generale, che qualche minuto prima aveva affermato: “La trattativa Stato-Mafia? Ancora è tutta da dimostrare. Rapporti tra la Mafia e alcuni gruppi criminali non ci sono mai stati, forse fino ad ora ha fatto comodo ad alcuni giornalisti e politici”. 

Prendendo spunto da un articolo di Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano, proviamo a ripercorrere in maniera sintetica la carriera di Mario Mori.

Mori torna a lavorare a Roma il 16 marzo ’78, giorno del sequestro Moro, per guidare la sezione anticrimine del Reparto operativo e occuparsi di terrorismo – scrive Travaglio –  le indagini sul sequestro e l’omicidio Moro passeranno alla storia come un capolavoro di cialtroneria, tant’è che a tutt’oggi non sappiamo quanti spararono in via Fani e quanti carcerieri ebbe Moro. Nel 1986, promosso tenente colonnello, Mori è in Sicilia a comandare il Gruppo Carabinieri Palermo 1. Sua l’idea, nel ’90, di fondare il Ros, di cui è vicecomandante con delega sulla mafia. Infatti, nel giugno ’92, dopo la strage di Capaci, inizia a trattare col mafioso corleonese Ciancimino, in tandem col fedelissimo De Donno, senza informare il comando dell’Arma né la Procura (come sarebbe suo dovere di ufficiale di polizia giudiziaria). Ad agosto diventa colonnello. Il 15 gennaio ’93 coordina la cattura di Riina, ma si guarda bene dal perquisire il covo: meglio lasciarlo svuotare dai mafiosi, all’insaputa della Procura. Nel ’93 viene intercettato Nitto Santapaola: è in una villa, basta andarlo a prendere. Sventuratamente il Ros irrompe nella villa sbagliata, a 50 metri da quella giusta, a sirene spiegate, con tanto di conflitto a fuoco con uno che non c’entra nulla: così Santapaola sente e vede tutto dalla finestra, e si dà alla fuga. Nel ’95 la scena si ripete con Provenzano: si sa che sta per arrivare in una masseria di Mezzojuso, basta andarci e catturarlo. Troppo facile. “Osservazione a distanza”. Nel 2001 il governo Berlusconi lo promuove direttore del Sisde. Durante la pensione viene nominato consulente per la sicurezza del sindaco di Roma Alemanno. Poi controllore, nominato da Formigoni, sulla regolarità degli appalti Expo contro le tangenti e le infiltrazioni mafiose. Risultato: tutti a San Vittore”.

 

 

 

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