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Bruti Liberati, Grottammarese dell'anno: tra ricordi e Giustizia
GROTTAMMARE – Dai ricordi dell’infanzia ed adolescenza, trascorse a Grottammare, alla brillante carriera fino al vertice della Procura della Repubblica di Milano. Nella lunga intervista rilasciata alla nostra testata dal magistrato Edmondo Bruti Liberati, insignito del titolo “Grottammarese dell’anno 2016” emerge il ritratto più intimo di un uomo legato a Grottammare e la statura morale dell’inflessibile e coraggioso servitore della Giustizia che non si ferma davanti ai poteri forti. Con il successo di “Expo 2015” ha dimostrato anche che i tempi della Giustizia possono andare d’accordo con quelli dell’ Economia.
Grande attesa per la premiazione del noto magistrato Edmondo Bruti Liberati “Grottammarese dell’anno 2016” che avverrà sabato 14 febbraio alle ore 21,30 al Teatro delle Energie nel corso dello spettacolo “Una Rotonda sul mar”. Personaggio di spicco a livello internazionale, Bruti Liberati al vertice della Procura di Milano ha condotto, con rigore e coraggio, indagini “scottanti” senza mai fermarsi di “fronte ai santuari dei poteri forti, politici, economici, sociali”.
Si pensi alle indagini contro le infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia, quelle a carico di Silvio Berlusconi per il caso Ruby fino ad Expo 2015. Si è distinto anche per il forte impegno nella presidenza di Magistratura Democratica e nell’Associazione Nazionale Magistrati. Pur essendo nato a Ripatransone e residente nel capoluogo lombardo, Bruti Liberati ha mantenuto sempre un legame con Grottammare, città dove ha frequentato le scuole elementari e medie e dove ritorna tutte le estati. Legame rafforzato grazie a Nicola, suo unico figlio prematuramente scomparso a seguito di un incidente di moto a Sydney.
Della città ama il suo aspetto retrò, i casotti di legno dei Bagni Diana e l’ottima conservazione del vecchio incasato. Per assegnargli tale onorificenza è stato modificato, addirittura, lo Statuto del Premio. “Una legge ad personam!” scherza il famoso magistrato, assai contento del Premio e di rivedere al teatro delle Energie, in mezzo al folto pubblico, tanti suoi compagni di scuola ed amici di infanzia, pronti ad applaudirlo.
Ci parli del suo legame con Grottammare, che posto occupa nel suo cuore?
“Sono nato a Ripatransone, ma quando avevo due anni ci siamo trasferiti a Grottammare in una casa di famiglia al Paese Alto. Ripa è un posto stupendo e mi piace sempre rivedere il magnifico panorama che si gode di lassù. A Grottammare ho frequentato le scuole elementari e le medie, prima del trasferimento a Milano”.
Quali i ricordi di infanzia? La sua tata abbiamo scoperto è stata la moglie di Bicchierù, un personaggio del Paese alto.
“Giuseppina Pignotti, che poi è divenuta una delle colonne della Corale Sisto V, è stata con noi, io, mia sorella Camilla e mio fratello Luigi quando eravamo piccoli. Abbiamo assistito agli spettacoli in dialetto in cui si esibiva il mitico Bicchierù. Da suo fratello, York, andavo a tagliarmi i capelli. Con Giuseppina siamo sempre rimasti in contatto. Poi lei ha conosciuto mia moglie Teresa e ha visto sin da piccolo, nei periodi di vacanza a Grottammare, nostro figlio Nicola, prematuramente scomparso. Attraverso Nicola è stato ripreso più intenso il legame con Grottammare perché sin da piccolo passava un periodo dell’estate qui con noi genitori, con i nonni Ferdinando e Giuseppina e poi, da adolescente,con un gruppo di suoi cari amici”.
Quali i ricordi legati alla scuola primaria?
“Ho frequentato la scuola elementare “Giuseppe Speranza” e ricordo bene il maestro Mario Piergallini e poi le scuole medie nella classe che aveva il suo punto di riferimento nella professoressa di lettere Marisa Rivosecchi, al cui insegnamento devo tanto”.
Da un anno è in pensione, le manca il suo lavoro?
“Certo il cambiamento è forte dopo un carriera in magistratura durata oltre 45 anni, ma il momento della pensione arriva e oltretutto io valuto molto positivamente la riforma del governo Renzi che ha abbassato l’età della pensione per i magistrati a 70 anni, mentre prima si poteva arrivare addirittura fino a 75. Ora ci siamo allineati allo standard europeo ed è bene lasciare spazio ai più giovani. Accanto all’impegno professionale in senso stretto ho sempre svolto una attività culturale con studi, pubblicazioni, insegnamento universitario e collaborazione alle Scuole della Magistratura anche in altri Paesi europei. Ora avrò più tempo per questi impegni”.
Come trascorre il suo tempo da “pensionato”, tornerà più spesso a Grottammare?
“Ora il tempo libero non mi manca: con mia moglie facciamo viaggi e certamente trascorreremo più tempo, oltre che a Venezia, sua città natale, anche a Grottammare”
La città di Grottammare, come è cambiata negli anni?
“Il cambiamento è stato radicale: ricordo quando si andava in bicicletta a San Benedetto del Tronto per la strada litoranea sterrata guadando il Tesino in secca prima della costruzione del ponte. Ma Grottammare, soprattutto ovviamente nel centro storico a nord del Tesino, ha conservato una sua impronta particolare e un po’ retrò. Noi da sempre andiamo a Bagni Diana e abbiamo una delle più vecchie cabine in legno che rimangono in tutta la spiaggia. Il Paese Alto poi si è conservato meravigliosamente”.
C’è un senso diffuso nei cittadini che la Legge non è uguale per tutti. Poi la lentezza dei processi. Cosa fare per migliorare il sistema giudiziario?
“La scritta che compare nelle nostre aule di giustizia “La legge è uguale per tutti” deve essere letta come un ideale da perseguire in attuazione del principio di eguaglianza dettato dall’art. 3 della nostra Costituzione. Nell’Italia democratica e repubblicana molti passi avanti sono stati fatti grazie alla crescita reale della indipendenza della magistratura: le indagini penali non si sono più fermate, come in passato, di fronte ai santuari dei poteri forti, politici, economici, sociali. La Procura di Milano da diversi decenni ha dimostrato di saper affrontare indagini complesse senza timori reverenziali e nel pieno rispetto delle garanzie di difesa. La lentezza della giustizia, nel penale e nel civile, è un grosso limite e genera sfiducia nei cittadini. Non poco si può fare con un impegno organizzativo e di innovazione e lo hanno dimostrato il Tribunale e la Procura di Milano, nonostante una drammatica carenza di personale amministrativo. Ma occorrono riforme delle procedure e della struttura organizzativa”.
Con il caso Expo 2015 che può considerarsi un grande successo della Procura di Milano ed, in particolar modo suo personale, ha dimostrato che qualche volta i tempi della giustizia possono andare d’accordo con quelli dell’economia. Ci teneva a chiudere il suo incarico con il bilancio di Expo?
“Nel novembre 2015, nell’imminenza del mio pensionamento, ho presentato il quinto Bilancio di Responsabilità Sociale, ripercorrendo l’attività del periodo in cui ho avuto la responsabilità di reggere la Procura di Milano. Il BRS è importante come strumento di accountabilty, di “rendere conto”, di trasparenza su come ha funzionato l’ufficio e soprattutto su come il magistrato dirigente ha assunto o non assunto iniziative, si è preso o non si è preso la responsabilità appunto di “dirigere” e di innovare. Un passaggio del BRS era dedicato alla vicenda EXPO: “I tempi della giustizia non sono i tempi dell’economia e delle attività imprenditoriali, ma la giustizia può cercare di adottare tutte le misure organizzative affinché questa distanza si riduca. La Procura di Milano ha svolto il ruolo che le compete di accertamento rigoroso dei fatti di reato. La magistratura penale non deve farsi carico di “compatibilità”, ma può e deve operare con scelte organizzative e di strategia di indagine che assicurino la massima celerità, mettendo le altre articolazioni delle istituzioni in condizione di adottare tempestivamente i provvedimenti di loro competenza. Spettava alle altre articolazioni istituzionali operare affinché al doveroso intervento della magistratura penale, che ha comportato anche l’esecuzione di misure cautelari nei confronti di responsabili operativi dei lavori in corso, seguissero iniziative gestionali ed amministrative atte ad assicurare la prosecuzione delle opere in condizioni di ripristinata legalità. Un primo segnale è venuto con la istituzione in tempi brevissimi dell’ANAC, con la presidenza del magistrato Raffaele Cantone, quindi con il raccordo operativo tra il Presidente dell’ANAC ed il Prefetto di Milano, che ha condotto al “commissariamento” di rami di azienda per consentire la prosecuzione dei lavori. Dal canto suo il Prefetto di Milano ha posto in essere una particolarmente incisiva azione di applicazione delle misure interdittive antimafia.Nel rigoroso quadro delle rispettive competenze è stata assicurata la piena collaborazione tra Procura della Repubblica, Autorità anticorruzione e Prefettura.”
L’hanno criticato di essere un giudice di sinistra, quanto la giustizia è esposta alla politica nel nostro Paese? Se ci ricorda brevemente il suo impegno a Magistratura Democratica e nell’Associazione Magistrati.
“Il magistrato ha il dovere di imparzialità nei casi concreti al suo esame, ma è un cittadino con le sue idee e i suoi valori. Entrando in magistratura nel 1970, un periodo di grandi cambiamenti e progressi nella società italiana, è stato per me naturale l’impegno nell’associazionismo giudiziario, in Magistratura Democratica e nella Associazione Nazionale Magistrati. Due poli convivono da sempre nell’Anm; rivendicazione di indipendenza e apertura al dibattito sui problemi della giustizia che pone l’associazione in consonanza con i settori più avvertiti della cultura giuridico-istituzionale, ma insieme ripiegamento su ideologia corporativa. In altre parole tutela degli interessi professionali della categoria e/o impegno per un sistema giudiziario all’altezza della tutela dei diritti. Il mio lungo impegno nell’associazionismo è stato nel ricercare il punto di equilibrio tra quelle due tensioni che percorrono l’associazionismo. Di qui il rifiuto di chiusure corporative, ma anche il netto contrasto a proposte di riforma ritenute controproducenti per il sistema di garanzia dei diritti. Sono stato Presidente dell’ANM tra il 2002 e il 2005 in un periodo di forte scontro con la proposta di riforma del Ministro Castelli. Gli aspetti negativi qualificanti di quella riforma non passarono perché ANM li contrastò con fermezza ma seppe anche fare controproposte, seppe costruire un consenso nella cultura giuridica e seppe evitare di farsi coinvolgere nello scontro politico maggioranza/opposizione”.
Infine un’ultima domanda, come migliorare il funzionamento del sistema giudiziario per contrastare con più efficacia la corruzione?
“Come ho già detto, a Milano Tribunale e Procura hanno dimostrato negli ultimi anni che, nonostante carenze di personale e di mezzi, con la collaborazione di tutti molto si può fare con un forte investimento su organizzazione e innovazione a livello locale. Ma rimangono imprescindibili riforme di semplificazione delle procedure, eliminando tutti i formalismi che non costituiscono reali garanzie. E’ amaro constatare che permangono resistenze ad affrontare una drastica riforma di un sistema di prescrizione assurdo, più volte denunciato a livello delle istituzioni europee. L’attuale sistema della prescrizione non solo costituisce un grave ostacolo nelle indagini sulla corruzione, che pure tutti dicono di voler contrastare, ma ha effetti negativi di sistema nell’incentivare atteggiamenti dilatori e impugnazioni inutili. Vi sono poi riforme del sistema organizzativo, ma il discorso si fa complesso e richiederebbe ulteriori approfondimenti”.
Era bello il periodo degli anni 50 del secolo scorso mentre eravamo nel gruppo Lupetti dei Boy Scout . son sicuro che Edmondo si ricorderà di quel tempo.