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"Foibe: alcuni Italiani non dimenticano", manifestazione del Blocco Studentesco
“Foibe: alcuni Italiani non dimenticano”. Così recita lo striscione con il quale i militanti del Blocco Studentesco hanno reso omaggio ai martiri delle Foibe, accompagnato da numerosi tricolori e bandiere di Istria, Fiume e Dalmazia. Alla manifestazione, avvenuta questa mattina presso il Liceo Classico Stabili, ha fatto poi seguito la deposizione di un mazzo di rose rosse presso il monumento dedicato ai caduti sito in Piazza Roma.
IL RICORDO – “La nostra è stata, come ogni anno, una celebrazione silenziosa e solenne – spiega in una nota Lorenzo Marchei, responsabile locale del movimento studentesco di CasaPound – che mira ad onorare i nostri fratelli e, al tempo stesso, a svegliare le coscienze delle nuove generazioni dallo sconcertante alone di silenzio e di indifferenza istituzionale che pervade questa giornata del ricordo”. “Nel 2016 è intollerabile che la stragrande maggioranza degli studenti sia tenuta completamente all’oscuro di come sia realmente avvenuto questo massacro e cosa abbia rappresentato per decine di migliaia di italiani dell’Istria e della Venezia-Giulia” – rincara Marchei, che continua: “Quello delle Foibe, purtroppo, è ancora oggi considerato un argomento tabù, ignorato dai libri di storia e, talvolta, addirittura evitato da alcuni professori perché considerato scomodo da una determinata area politica”. “Siamo fermamente convinti – conclude la nota – che un semplice minuto di silenzio non sia sufficiente per commemorare il brutale eccidio di migliaia di nostri connazionali. Pretendiamo, pertanto, che la scuola pubblica si adoperi affinché l’argomento diventi oggetto di un’accurata campagna di informazione, e che l’amministrazione comunale favorisca iniziative per ricordare e rendere omaggio a quanti furono barbaramente trucidati per la sola colpa di essere Italiani. Speriamo che la nostra azione sia un invito alla riflessione per tutti.”
LA STORIA – A seguito della firma dell’armistizio dell’8 Settembre ’43 qualcosa cambiò in Europa. Un’Europa che, insanguinata dalla Seconda Guerra Mondiale, stava però invertendo la marcia già da qualche tempo ed ora riceveva una nuova spinta dalla caduta di un regime, quello fascista, che non era mai riuscito ad incidere positivamente nel conflitto e che in quel momento si trovava screditato sia in casa propria che di fronte al proprio alleato. Nella Venezia Giulia, nell’Istria e nella Dalmazia, gli Italiani iniziarono ad essere soggetti a delle violenze indicibili da parte dei comunisti Jugoslavi dietro l’accusa di essere fascisti. I partigiani di Tito non guardavano in faccia nessuno; non importava se fosse uomo, donna, bambino, anziano, cattolico o socialista. Erano nemici. E in quanto nemici dovevano essere trattati come tali. Fu una vera e propria “pulizia” etnica (e politica). Il momento più duro si registrò nel 1945, a guerra ormai decisa. Obiettivo dei titini era quello di “sgomberare” dai non-comunisti il territorio di loro competenza. Legati col fil di ferro venivano gettati nelle cavità carsiche (chiamate appunto foibe) ancora vivi. Resti di donne stuprate, uomini evirati, cadaveri senza testa sono alcuni tra gli innumerevoli ritrovamenti in questi territori venutisi a trovare sballottati in mezzo al caos dell’orrore bellico tra forze contrastanti. Il termine Foiba deriva dal latino “foeva” (fossa) e si tratta di pozzi a forma di imbuto rovesciato profondi centinaia di metri e in molti casi percorsi dall’acqua. I morti sono ancora difficilmente calcolabili, a causa soprattutto della particolare conformazione del territorio e per i troppi anni di silenzio intorno a questi fatti. Circa diecimila secondo stime attendibili. 350mila furono invece gli italiani costretti a fuggire. Pochi di loro trovarono però un luogo stabile dove ricostruire un’altra vita; perfino in Italia, la loro Italia, quando subito dopo il conflitto vennero visti come i residui del regime che aveva compromesso il paese e la vita di molti connazionali. Le violenze terminarono nel 1947 con il trattato di Parigi che sancì il passaggio di Fiume, Pola, i territori di Zara e gran parte dell’Istria alla Jugoslavia. Ma la vera violenza a questo punto sta nel fatto che per mezzo secolo si è taciuto su questi crimini contro il genere umano ai danni di tantissimi nostri compatrioti. Il 10 febbraio del 2005 il Parlamento Italiano scelse questa data come quella del ricordo poiché il Trattato di Parigi entrò in vigore proprio quest’oggi di 69 anni fa; una decisione che tuttora anima la scena politica italiana e scatena dibattiti molto vivaci in un paese dove sono dedicate poche righe nei manuali di storia (quando va bene) a questo eccidio ma che si fregia del diritto di essere uno Stato democratico.
di DAVIDE QUARESIMA
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