Scegliere la scuola oggi? Intervista all’esperto Cristian Flaiani

Cristian, scegliere la scuola oggi è davvero così difficile? Non è esagerato parlare di caos?

Cristian Flaiani:

«Assolutamente no. Mettiamoci nei panni di un tredicenne. Va al salone dell’orientamento, trova dieci stand, dieci scuole diverse, raccoglie venti brochure e torna a casa con tre chili di carta. Dentro ci sono oltre duemila informazioni.

Poi va su internet e quelle duemila diventano diecimila. Video, siti, recensioni, open day, statistiche, test attitudinali, consigli non richiesti. Un ragazzo non ha la struttura cognitiva per elaborare tutto questo senza supporto: è bombardamento informativo, non orientamento.»

Quindi il problema principale è la quantità di informazioni?

Cristian Flaiani:

«Non solo. È il mix esplosivo tra troppe informazioni e troppe pressioni.

Gli amici spingono verso un percorso.
I genitori verso un altro.
Il consiglio orientativo della scuola suggerisce una direzione.
La società pretende che un ragazzo faccia previsioni su come sarà il mondo del lavoro fra dieci anni… quando forse lui non sa ancora cosa farà domani.

E in mezzo a tutto questo c’è il suo mondo emotivo, spesso ignorato.»

Quali sono le emozioni dominanti in questa fase?

Cristian Flaiani:

«Paura. Paura di sbagliare, paura di non essere all’altezza, paura di deludere.
Molti ragazzi mi dicono:
“E se poi mi trovo male?”
“E se non sarà la scuola giusta?”
“E se fallisco?”

Ricordiamoci che questa scelta si fa a gennaio, quando spesso ci sono ancora le calze della Befana appese al camino: significa che chiediamo decisioni enormi a ragazzi giovanissimi, in tempi strettissimi. È una richiesta emotivamente sproporzionata.»

 

In che senso il cervello non è progettato per gestire tutto questo?

Cristian Flaiani:

«Le neuroscienze lo dicono chiaramente: il nostro cervello non è costruito per processare migliaia di stimoli in poco tempo. In una condizione di overload informativo ed emotivo, la capacità decisionale si paralizza.

È impossibile compiere una scelta realmente orientata senza ridurre i rumori di fondo, senza guidare il ragazzo a dare un ordine a emozioni, valori, capacità, aspettative.

L’orientamento dovrebbe aiutare a scegliere, non aggiungere confusione.»

 

Questo ci porta al ruolo degli orientatori. Perché sostieni che “orientatori non ci si improvvisa”?

Cristian Flaiani:

«Perché l’orientamento è una professione, non un hobby. Così come non ci si improvvisa psicologi o medici, non ci si può improvvisare orientatori.

Un orientatore qualificato deve saper condurre colloqui, ascoltare le fragilità, leggere le potenzialità, conoscere il sistema scolastico e professionale, capire i contesti lavorativi, sostenere famiglie e studenti, usare strumenti e metodi validati.

Non è distribuire volantini.
Non è mostrare un PowerPoint.
È accompagnare una persona dentro un processo delicatissimo: la costruzione della propria identità futura.»

 

Quindi c’è bisogno di una nuova cultura dell’orientamento?

Cristian Flaiani:

«Sì, con urgenza. Oggi pensiamo che l’orientamento sia un evento informativo: open day, brochure, un incontro una tantum.

Invece l’orientamento è un percorso educativo.
È aiutare il ragazzo a conoscersi, a riconoscere le proprie emozioni, a capire cosa lo muove, cosa gli piace, cosa gli dà energia.

Serve una cultura dell’orientamento competentescientificaumana, capace di mettere al centro la persona, non solo l’offerta formativa.

I giovani hanno bisogno di essere accompagnati, non sovraccaricati.
Hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a pensare, non solo a raccogliere dati.
Hanno bisogno di tempo, ascolto, strumenti.

E hanno bisogno di professionisti veri.»

Se dovessi riassumere in una frase la tua visione dell’orientamento?

Cristian Flaiani:

«Scegliere una scuola è un atto importante, ma imparare a scegliere è una competenza per la vita. L’orientamento dovrebbe insegnare questo.»

 


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