Uno strappo che non si ricuce. Qualcuno salvi l’Ascoli.

Game overIl giocattolo si è rotto.

Sembrano lontani anni luce il giorno dei festeggiamenti per la promozione in B e l’entusiasmo in piazza per la Festa del Picchio. Sembra passata un’epoca dal netto 0-4 in casa del Como e dal convincente 3-1 in rimonta contro il Pescara in un Del Duca gremito. Proprio la gara contro gli abruzzesi è stato il primo crocevia stagionale. Il successo nel posticipo aveva permesso ai bianconeri di superare gli avversari in classifica, salire a 10 punti e portarsi a -1 dai playoff.

Da quella sera sono passati appena venti giorni. Il Pescara si è ripreso alla grande e ha inanellato tre vittorie consecutive (e ha ancora una gara da recuperare), l’Ascoli è invece paurosamente sprofondato in un vortice senza fine ed è stato sconfitto quattro volte su quattro. Anche il Del Duca è diventato terra di conquista. Ieri a farsi beffe di un Picchio ‘spennato’ è stata una Pro Vercelli qualsiasi. Non ce ne vogliano i tifosi piemontesi – 7 scudetti non è roba da poco –, ma la squadra di Foscarini è apparsa tutt’altro che irresistibile. L’impressione però – ed è questo a fare davvero paura – è che dopo Modena, Crotone, Avellino e Pro Vercelli, chiunque al momento potrebbe banchettare sul cadavere dell’Ascoli.

E allora poco importa di chi sia la colpa. Di Petrone? Certo. Incapace di farsi amare dalla tifoseria, accusato più e più volte di non avere il coraggio di assumersi responsabilità nei momenti più bui. Della squadra? Ovviamente. Perché se è vero che – come dicono i giocatori – il gruppo è compatto e lo spogliatoio ben saldo, è inaccettabile una prestazione indecorosa come quella di ieri. Perdere ci può stare, sia chiaro, ma mettendo in campo grinta. Mordente. Corsa. Rabbia. Voglia di lottare. E invece mai un contrasto vinto, non un tiro in porta, neppure un accenno di lamentela con l’arbitro quando la Pro Vercelli – in vantaggio – ha provato giustamente a guadagnare un po’ di tempo. Della società? Chiaro che sì. Perché se ieri si è arrivato a un’aspra contestazione e a un duro confronto tifosi-giocatori, la colpa è anche di chi sta ‘in alto’. Se un intero stadio urla a gran voce di mandare via l’allenatore, qualcosa che non va per il verso giusto è evidente che ci sia.

E’ uno strappo che non si ricuce.

La tifoseria non vuole Petrone, la squadra non si capisce da che parte stia, la società prende tempo. Ma il tempo è finito.

L’Ascoli è penultimo in classifica a 10 punti. Gli stessi che aveva dopo la gara col Pescara. Venti giorni fa significavano -1 dai playoff, oggi indicano retrocessione diretta (o – al più – playout). Risorgere si può, perché il campionato è ancora lunghissimo. E l’Ascoli ha tutte le carte in regola per riprendere il proprio cammino e raggiungere una salvezza tranquilla. E chissà, magari anche qualcosa in più. Ma parlare di questo adesso sarebbe fuori luogo.

Qualcuno salvi il Picchio. Perché c’è qualcosa che non va. Il malato è ancora in tempo per trovare la cura che gli permetta di continuare a vivere. La cura però deve essere trovata ora. Prima del match contro il Vicenza.

Qualcuno salvi il Picchio.

Per il bene della città.

Per il bene della tifoseria.

Per il bene della storia.


Articolo Precedente

"Un caffè con.....Salvatore Margarita"

Articolo Successivo

Entro 24 ore il nuovo allenatore, la società valuta diversi profili