Vuole abortire, i medici si rifiutano: la storia della 35enne ascolana finisce sul New York Times

Prendere la difficile decisione di abortire, ma non trovare alcun medico disposto a portare avanti la scelta.

E’ quanto accaduto a una donna di Ascoli Piceno.

LA VICENDA – La futura mamma – 35 anni, che lasceremo anonima per garantire la privacy – era passata dalla gioia dell’attesa di un bimbo alla disperazione per la scoperta di una grave malattia genetica del feto. Il dramma si era evidenziato all’undicesima settimana di gravidanza. E’ per questo motivo che la donna ha chiesto al proprio ginecologo di interrompere la stessa nei termini previsti dalla legge (90 giorni).  Il medico si è però rifiutato, appellandosi all’obiezione di coscienza. Cosi per la donna è iniziato un vero e proprio calvario alla ricerca di un dottore che potesse aiutarla.

L’ANALISI DEL NEW YORK TIMES – La notizia ha destato un tale scalpore da essere addirittura finita sulle pagine del New York Times, celebre quotidiano statunitense. L’articolo ha raccontato della difficoltà per l’ascolana – ma per tutte le donne italiane in generale – di avere diritto all’aborto, come previsto dalla legge 194. Il motivo di tale difficoltà? L’obiezione di coscienza. Nel nostro paese infatti, i medici possono rifiutarsi di eseguire un’interruzione di gravidanza appellandosi per l’appunto all’obiezione di coscienza: la media nazionale dei sanitari che rifiutano di eseguire un aborto “per motivi religiosi e/o personali” è del 70%, ma in alcune regioni si arriva anche all’85%.

ABORTIRE AD ASCOLI, ARDUA IMPRESA – Ad Ascoli poi, la percentuale è sensazionale: il 100% dei ginecologi dell’ospedale Mazzoni sono obiettori di coscienza. In altre parole, nessuno si sente di procedere con l’aborto. Stando a quanto pubblicato dal New York Times, alla donna sarebbe addirittura stato consigliato di farsi certificare da uno psichiatra di aver minacciato di uccidere il feto: in questo modo avrebbe ottenuto una proroga del termine legale previsto dalla legge 194. La protagonista – incredula – avrebbe affermato di sentirsi “come un contenitore, non un essere umano”. Fatto sta che alla fine la giovane ascolana è dovuta ricorrere ai medici dell’Aied (Associazione Italiana Educazione Demografica). Gli specialisti dell’associazione sono infatti a disposizione dei pazienti in giorni specifici per eseguire gli aborti.

LE DIFFERENZE CON L’EUROPA – Quello che però desta perplessità è l’enorme divario – positivo o negativo, a seconda dei punti di vista (ndr) – tra l’Italia e gran parte del resto d’Europa. Tanto per fare alcuni esempi, in Francia tutti gli ospedali pubblici hanno l’obbligo per legge di rendere disponibili i servizi di interruzione di gravidanza. In Inghilterra invece è obiettore solo il 10% dei medici, ed esistono comunque centri di prenotazione di aborto – aperti 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Tra l’altro, sempre oltremanica, i sanitari che decidono di lavorare nelle strutture di pianificazione familiare non possono dichiararsi obiettori di coscienza. In Svezia infine – e qui chiudiamo con i paragoni – il diritto di coscienza non esiste neppure: agli studenti che intraprendono il percorso di specializzazione in ginecologia e ostetricia viene preventivamente chiesto un parere sull’aborto. Se il candidato è un obiettore di coscienza, gli viene consigliato fin da subito di intraprendere un altro percorso di studi.

LA PROPOSTA – La storia della donna ascolana, dopo aver varcato l’oceano, è tornata con forza in città. A tal proposito, il Comitato Possibile ‘Area Fertile’ di Ascoli Piceno ha richiesto la convocazione di un Consiglio Comunale aperto nel quale discutere di salute delle donne, di maggior pubblicizzazione dell’educazione alla sessualità e alla prevenzione e di applicazione della legge 194 nelle strutture sanitarie.