Arquata, la complicata vita nelle casette, tra piccoli e grandi problemi

ARQUATA DEL TRONTO  –  Nelle cosiddette “casette” o Sae (soluzioni abitative di emergenza) di Arquata ci sono tanti piccoli problemi quotidiani che rendono difficile la vita in questo luogo martoriato dal sisma.L’aspetto positivo riguarda proprio gli arquatani, la cui stragrande maggioranza è rientrata nel proprio paese natio e tutte le casette sono state già consegnate.

Nel quartiere di “Borgo 2” vive Maria Luisa Fiori manifesta estrema insoddisfazione in merito alla situazione che sta vivendo.“Noi stiamo qui buttati dove non c’è più vita” dice “I primi periodi, nelle tende, siamo stati malissimo e anche quando siamo stati trasferiti a Porto d’Ascoli non è andata molto meglio. Se guardo il quartiere di Borgo 1, sembra di di trovarsi in un lager: manca soltanto il recinto ed è come se ci trovassimo ad Auschwitz” dice “Queste casette sono una grande fregatura, perché i lavori sono fatti male e le strutture non sono idonee. Ogni giorno incrociamo le dita sperando che non ci siano infiltrazioni ed è capitato anche che i contatori dell’Enel si siano riempiti d’acqua. La colpa di tutto questo è della Regione Marche che non ha fatto le giuste valutazioni”. Nella frazione di Piedilama vive Alessandro Paci, con sua moglie Roberta e quattro bambini.“La nostra caldaia funziona bene così come il riscaldamento, ma una perdita ha macchiato i tubi e un altro è incrinato. Ho chiamato più volte l’assistenza ma non è mai venuto nessuno” dice “Abbiamo anche notato che le finiture non sono state sistemate a dovere, Per quanto riguarda i sanitari, tutte le viti che dovrebbero tenerli ancorati a terra, sono state messe malamente e utilizzando del silicone anziché usare degli stop”.  Sua moglie Roberta aggiunge che “I bambini non possono fare attività e li devo accompagnare ad Ascoli, dove giocano a basket, perché qui non possono fare nulla. Per loro non c’è ancora una palestra e quando prendono l’autobus, non hanno più nemmeno la pensilina per ripararsi dalla pioggia”. “Non chiediamo l’elemosina” aggiunge Alessandro “Ma servizi per  bambini e le famiglie, che possano far restare qui gli arquatani”.

A Borgo 1, la zona in cui furono posizionate le prime tende subito dopo il sisma del 24 agosto c’è la famiglia Cucchiaroni, formata da Giovanni, le figlie e la signora Luigia che ci parla di “Problemi importanti alle tubature già da quando siamo entrati qui. Una volta, durante la notte, siamo stati svegliati da un fiume d’acqua che stava uscendo da una nostra conduttura e abbiamo avuto diverse infiltrazioni, anche se adesso la situazione sta leggermente migliorando. Di questo dobbiamo ringraziare l’idraulico che è venuto a ripararci il danno, che abbiamo pagato di tasca nostra” dice la signora Luigia “L’Arcale si è scusata per il disservizio, ammettendo le proprie colpe dicendo che poi avrebbero mandato una squadra per riparare i danni”. Ma ci sono anche alcuni lati positivi visto che “Durante il periodo invernale le case sono calde e non ci si sta male”. Secondo la signora Luigia, però “Sarà impossibile ricostruire i borghi e forse sarebbe stato meglio realizzare un unico quartiere con tutte le casette invece che creare tante zone disseminate nel territorio” dice “Le nostre figlie sono studentesse universitarie a Roma e quando sono tornate qui hanno provato molta tristezza nel vedere il paese ridotto in questo stato. Per loro non è stato facile provare tutto questo. Speriamo fortemente che qui qualcosa riparta il più presto possibile, altrimenti Arquata diventerà soltanto un dormitorio”.

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