Donne e violenza: quando la cultura fa la differenza

SAN BENEDETTO – Ieri è stata celebrata la giornata mondiale contro la violenza sulle donne e il Comune di San Benedetto si è attivato con una serie di iniziative e incontri, culminati nel convegno Ama.ti che si è svolto proprio il 25 novembre.

Attivissima l’assessore alle Pari Opportunità del Comune di S. Benedetto del Tronto, dott.ssa Antonella Baiocchi, che ha fatto della lotta alla violenza di genere e “in genere” (cioè di ogni altra tipologia di  vittima)  il suo vessillo di battaglia. “la mia passione nei confronti del mio impegno istituzionale” spiega l’Assessore Baiocchi ” deriva anche  dal fatto che il mio Sindaco Pasqualino Piunti ha voluto mettere per le Pari opportunità un assessore con consolidata esperienza nel settore. Nella  vita, infatti,  sono psicoterapeuta e criminologa impegnata da sempre  nel contrasto della violenza. Lo considero da parte del mio sindaco un gesto encomiabile, in quanto a mio avviso, chi fa amministrazione dovrebbe per regola conoscere la materia sul quale è chiamato a decidere”.

Com’è la situazione delle nostre donne sul territorio? “Il nostro è un territorio ancora a  misura di persona  in cui la qualità di vita ancora buona e la relazione interpersonale e l’empatia verso il prossimo hanno ancora un sufficiente spazio. Possiamo considerarci fortunati, in quanto contribuisce ad incentivare il disagio personale e relazionale (e quindi i conflitti relazionali) anche l’essere immersi in una ambiente freddo, impersonale.
Al di là di questo rimane un dato di fatto che nelle relazioni interpersonali c’è un malessere di cui dobbiamo prendere consapevolezza che non salva nessun territorio. La realtà domestica che dovrebbe essere per tutti un nido protettivo  è molto spesso un ambito di conflitti e prevaricazioni.

Assessore il conflitto a cosa è dovuto? Perché dentro e fuori l’ambiente domestico si consumano grandi violenze soprattutto sulle donne?

“Nella divulgazione di questa risposta è incanalato molto del mio impegno di Assessore. Per proteggere le donne dalle violenza di cui sono oggetto quotidiano considero fondamentale far comprendere a tutti coloro che sono impegnati nel loro contrasto la matrice alla base della violenza nelle relazioni interpersonali: comprensione che ancora sfugge a molti.

Per comprendere la matrice alla base della violenza nella relazione, è necessario alzare gli occhi ed andare oltre una certa ideologia che vede la violenza “unidirezionale”, cioè esercita sempre e solo dall’uomo nei confronti della donna: questo è assolutamente  vero per quanto riguarda le vittime di femminicidio, il cui contrasto è uno dei maggiori obiettivi mio personale che di tutta la nostra amministrazione Comunale, ma non è un concetto generalizzabile a tutte le violenze che si consumano nell’ambiente domestico ed affettivo. Crediamo sia necessario andare oltre per comprendere una dinamica sottostante che induce ad agire violenza su diverse tipologie di vittime indipendentemente dal sesso, dall’età, dal ceto sociale, dalla razza, dall’orientamento sessuale.

Il convegno di Sabato all’Auditorium ha dato voce alle  vittime di sesso femminile, ma anche a tutte le altre tra cui minori, anziani e vittime di sesso maschile. con l’intento di riflettere su cosa ci sta dicendo la miriade di vittime  prevaricate che hanno meno rilevanza statistica e mediatica. Se allarghiamo la panoramica e includiamo le altre tipologie di vittime appare chiaro che qualcosa non torna.

Sono convinta che il vero Killer da combattere sia quello che io chiamo  “analfabetismo psicologico”, ovvero “la non sufficiente conoscenza della psiche” che ancora oggi affligge l’umanità., sia maschi che femmine.

Chi è affetto da Analfabetismo Psicologico, è necessariamente, affetto da Analfabetismo Relazionale perché esso induce a comportamenti controproducenti tra cui la ‘gestione dicotomica delle divergenze’, un programma infetto che induce a gestire ogni diversità dal proprio modello, ogni ostacolo alla soddisfazione del proprio desiderio, con modalità che impediscono il Reciproco Rispetto, che non permettono di schiodarsi  dal proprio punto di vista considerato “verità assoluta”. Con questa concezione, l’unica soluzione possibile per risolvere la divergenza è la prevaricazione: l’interlocutore in posizione di “forza” (fisica, psicologica, economica, di ruolo, legale) necessariamente sarà portato ad “esistere” sottomettendo l’interlocutore in posizione di “debolezza”.

Al di là del sesso, della razza, del ceto sociale (aspetti importanti ma “di superficie”) il  dito va puntato, quindi, anche su qualcosa di più profondo: una cultura “Analfabeta” che induce alla deleteria “Gestione Dicotomica delle Divergenze” (processare le informazioni in senso assolutistico “vero-falso, giusto-sbagliato, bianco-nero) impedendo a chiunque, al di là del genere maschio e femmina,  il cosiddetto “reciproco rispetto”, cioè  la possibilità di  dare ad entrambi gli interlocutori ‘un equilibrato’ spazio all’interno della relazione .

E’ importante capire che la Tossicità della Gestione Dicotomica delle Divergenze (il cui utilizzo in determinati casi, potrebbe anche essere accettabile) è dovuta dal fatto che la si utilizza non eccezionalmente (per le divergenze, per così dire, ‘di vita o di morte’), ma di regola , per gestire ogni minimo quotidiano contrasto: In questo modo, giorno dopo giorno, la quotidianità  domestica e in particolare, la Relazione Affettiva, si trasformano, in un’arena conflittuale in cui  hanno spazio solo gli interlocutori Forti a discapito dei Deboli: una bomba ad orologeria destinata a scoppiare fino al culmine della morte.

In questo ambito va ricercata la matrice alla base dei conflitti nelle relazioni affettive, familiari e di coppia, dove le violenze si reiterano e in cui il soggetto in posizione di “debolezza” (in questo caso, per secoli  il genere femminile insieme ai disabili)

Affermare tutto questo non deve essere interpretato  nel modo più assoluto come un disconoscimento del femminicidio e della Violenza di Genere che sono dei ‘dati di fatto’ ed il cui contrasto ripeto, ci vede in prima linea da decenni, ma rappresenta lo sforzo di  “andare oltre”, al fine di dar voce a tutte le tipologie di vittime dell’ambiente domestico (crediamo  fermamente che ogni vittima debba essere tutelata con modalità personalizzate alla propria peculiarità, così come già si fa con la violenza di genere) e aprire l’opinione pubblica a  a questa ovvietà: credo fermamente che fino a che non si integra questo concetto, ogni iniziativa di contrasto e prevenzione della violenza (compresa quella sulle donne) perde di incisività e rilevanza perché è come costruire un palazzo su fondamenta di argilla.”

Sul territorio com’è la condizione delle donne straniere? Sono integrate?

“Partendo dal presupposto che come ho appena spiegato, il problema nella relazione ha a che fare con l’incapacità di rispettare ciò che è diverso dal proprio modello, va da sé che i pregiudizi aumentano di fronte alle persone “straniere”. Il nostro territorio anche per le sue radici marinare quindi aperte al diverso è storicamente un territorio accogliente. Come amministrazione siamo molto impegnati nel lavoro di inclusione ed integrazione, della divulgazione della cultura del rispetto e del contrasto della “gestione dicotomica delle divergenze”.

Personalmente  ho voluto conoscere le varie associazioni che rappresentano gli stranieri residenti nel nostro territorio (ad esempio quella albanese, polacca, senegalese)  in quanto considero fondamentale per l’integrazione il contatto, la conoscenza e l’interscambio. Aggregarsi in un’associazione per  far gruppo e rete, ed andare a farsi conoscere dalle amministrazioni pretendendo ascolto, piuttosto che mettersi nella passiva attesa di essere chiamati ed intercettati:  è un valore aggiunto che consiglio vivamente alle realtà residenti nel territorio.Bisognerebbe prendere esempio dalla comunità di Albanesi, presente sul nostro territorio: particolarmente integrata e riunita in una grande associazione con presidente il dott. Vasco Nushi, rappresenta indubbiamente una grande risorsa per il nostro territorio”.

Conclude la Baiocchi: “Le donne straniere del nostro territorio? Siamo in una situazione in cui il lavoro manca per tutti, ma una cosa è certa: gli stranieri si adattano di più a lavori anche umili, e così tante persone danno una grande mano alle famiglie, come badanti, colf, svolgendo  lavori fondamentali, una volta a carico della famiglia e oggi delegati alla loro amorevole cura”.

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