Il CineOcchio – “Tenet”, un film che affascina e divide


ASCOLI PICENO  – Uscito nelle sale lo scorso 26 agosto, il film si presta, per natura e concezione, a dividere. Sicuramente non è un film che si lascia guardare in maniera agevole. Richiede una concentrazione ed un’attenzione ben oltre il normale. Faremo dei piccoli spoiler, alcuni estremamente rilevanti, per spiegarne le impressioni. Invitiamo a leggere il testo solamente dopo averne visionato il film.

“Tenet” si candida ad essere la sintesi delle sensibilità e delle particolarità del regista inglese. Possiamo dire che la griffe di Nolan è evidente e prevale su tanti altri concetti cinematografici (sviluppo della trama, fruibilità, tratteggio dei personaggi…). Per la prima volta possiamo affermare che si esce dal cinema con la consapevolezza di non aver afferrato tutto del lungometraggio. Ti resta una percezione di un non–compreso, e la voglia di rivederlo per poterti concentrare su altro della pellicola.

Non è raro che il cineasta inglese “giochi” col tempo. Un intreccio di trame, di storie, di personaggi che partono da periodi storici diversi e che si incontrano o scontrano. Cogliamo la volontà di portare il concetto di rappresentazione cinematografia all’estremo, mai visti cosi tanti generi fusi e sviluppati in una unica produzione. E’ un noir? Un film d’azione? E’ un film drammatico? Una spy story? Qualora si rispondesse affermativamente a ciascuna delle domande non si farebbe un torto ad alcuno. Un film che gioca con le luci: il bianco ed il nero, il rosso ed il blu. Quest’ultima coppia di colori è centrale per distinguere chi si trova nel tempo ordinario e chi è “invertito”. Trova (la produzione cinematografica) nel “Quadrato del Sator” – basti pensare che l’antagonista, interpretato da Kenneth Branagh, si chiama Andrei Sator, mentre il contraffattore è Thomas Arepo.  – il suo fulcro. Il film può essere letto in un senso o anche nel suo opposto. 

Tutto il lungometraggio si concentra sul concetto dell’inversione degli oggetti, ovvero la modificazione dell’entropia degli stessi, ottenuta attraverso un procedimento di fissione nucleare. Banalmente: l’oligarca russo, malato terminale che vuole vedere la fine del mondo coincidere con la sua, reclutato a sua volta da misteriose forze del futuro, deve assemblare l’Algoritmo, un “hardware” in grado di evitare la dominanza temporale del normale corso del tempo, ponendo fine all’umanità.

Si, è dura semplificarlo. Non oso immaginare le difficoltà che hanno incontrato i professionisti che hanno curato il montaggio…

E’ un film che per essere almeno compreso dovrebbe aver chiari alcuni punti; alcuni già citati, che non riprenderemo.

La mossa della tenaglia

E’ un’antica tattica militare. Essa si caratterizza per il fatto che, mentre una prima squadra è attiva per fronteggiare il nemico, ve ne è un’altra che lo affianca di lato per coglierlo alle spalle. Qui abbiamo due squadre, una che segue il corso temporale normale ed una invertita, quest’ultima in grado di far fronte agli sviluppi che potrebbero far saltare la missione principale.

Il paradosso del nonno

E’ un dogma utilizzato per confutare i viaggi temporali. Se un nipote viaggia nel tempo ed uccide suo nonno, prima che questi incontri sua nonna, dando vita alla sua discendenza, diventerebbe impossibile l’esistenza del nipote. Come ovvia Nolan a ciò? Con la frase sibillina: “non hanno altra scelta se non tornare indietro.”

Tutto il film trova il suo apice nel finale e nel rapporto tra il misterioso protagonista ed il fido aiutante Neil. Qui si arriva alla sovrapposizione finale, dove si svelerà la fine del percorso per uno e l’inizio del nuovo futuro per l’altro, svelando la connessione che li lega.

Proprio per la sua complessità e per le alte aspettative – più volte è stato chiesto a Nolan se questo film sia in grado di salvare il cinema post lock down, col regista che ne ha saggiamente preso le distanze – non possiamo che raccomandare una sola cosa, espressa da più testate settoriali e non: E’ un film che non deve essere compreso con la visione, deve essere sentito.

Si prova ad andare oltre le “colonne d’Ercole”, non possiamo pensare di poterlo giudicare con gli stessi criteri degli altri.

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