Il vescovo D'Ercole: "I tragici avvenimenti devono spingerci a cambiare mentalità"

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In merito ai tragici fatti delle ultime settimane è intervenuto il vescovo di Ascoli, Giovanni D’Ercole.

Ecco le sue parole.

CINISMO E INDIFFERENZA? – “Ogni giorno siamo sorpresi da fatti drammatici che, ad un primo impatto, suscitano emozione mista a preoccupazione e angoscia, con il rischio di assuefarsi e diventare insensibili e vittime di cinismo e indifferenza. Si può arrivare a considerare “spettacoli” episodi come i recenti tragici fatti della Puglia, di Nizza, della Turchia, dell’America e le tante vittime quotidiane della violenza in famiglia

COS’E’ LA VITA – Appare quanto mai urgente non avvicinarsi con curiosa superficialità a tali eventi, ma guardarli sempre in un’ottica sovrannaturale, superando l’apparenza emotiva. Per noi credenti, infatti, il vero criterio per vivere “questo tempo di tragedia” è tutto nell’apertura allo Spirito Santo. Vale la pena chiedersi come intendiamo la vita e soprattutto la morte; che senso ha il vivere su questa terra e che cosa ci attende dopo la morte: il nulla o l’abbraccio del Padre celeste in Paradiso? E’ pertanto essenziale non limitarsi ad individuare il colpevole – anche se necessario – ma mettere in gioco se stessi e contribuire a costruire una nuova civiltà. Ciò può realizzarsi nella quotidianità: cercando di tessere relazioni di amore in famiglia e in ogni altro ambiente sociale, educando le nuove generazioni in modo nuovo, affrontando le sfide del lavoro e della disoccupazione con interventi concreti, sentendosi corresponsabili nella costruzione di città più accoglienti e a dimensione umana.

COME E COSA CAMBIARE – Non ci si deve accontentare che questi ripetuti eventi drammatici impressionino i nostri sentimenti: devono piuttosto muovere l’intelligenza e spingerci a un cambiamento di mentalità, a impostare la vita su criteri evangelici di carità e di fraterna condivisione. Né deve venir meno la fiduciosa consapevolezza che Dio è il Signore amoroso della storia e che, nonostante le apparenze, non ci abbandona mai perché vuole il bene di tutta la famiglia umana. E’ proprio questa consapevolezza a spingere ogni credente a non rifugiarsi nel proprio io, ma a uscire da se stesso per assumere con coraggio responsabilità e impegni ecclesiali e sociali diretti. Non quindi meri e critici spettatori di quel che succede o nostalgici sognatori di tempi migliori che conclamano a parole i “valori”, ma coraggiosi protagonisti di nuova umanità, spinti dal desiderio di ridare corpo vitale alla Chiesa e sostanza alle nostre democrazie”.

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