“In corsa per le Marche – Candidati a confronto”: Andrea Antonini

PUBBLIREDAZIONALE POLITICO – Andrea Antonini è candidato al Consiglio regionale per la Lega nel collegio di Ascoli. Classe 1972, già da giovanissimo si appassiona alla politica. Nel 1995, in quota Alleanza Nazionale, viene eletto in Consiglio Comunale e ricopre la carica di Presidente dell’ assise cittadine mentre nel 1999 diventa assessore alla Cultura nel primo mandato da sindaco di Piero Celani. Nel 2004 è Vicesindaco e nel 2009  Assessore  provinciale alla Cultura. Aderisce alla Lega nel 2015.

 

Le Marche in una parola e perché.

“Pluralità, perché abbiamo tante diversità e cose magnifiche che dobbiamo far emergere ed amalgamarle tra loro nelle diversità delle città e delle produzioni e della creatività ed artigianato. Essendo una regione al plurale  e mantenendo la forza della diversità si può fare veramente la differenza”

Il Piceno é la terra dei campanili o può sperare nell’unità?

“ Campanile è un termine positivo  che rappresenta una comunità che si stringe intorno ad una torre della città che è il suo simbolo. I campanili non devono avere un senso dispregiativo e di lotta improduttiva. Dove c’è competizione sana e senso di appartenenza va bene, ma  non va bene dove c’è una competizione sciocca che indebolisce il territorio: lo abbiamo visto con le due province di Ascoli e Fermo. Orgoglio cittadino e coesione sociale sono fondamentali”

Sisma: i soldi ci saranno. Ma come ricostruire la vita, la società nel cratere, in termini concreti?

“Il sisma è una ferita ancora aperta e inaccettabile ed è la dimostrazione del fallimento delle politiche del Pd. Servono tre azioni: ricostruire lentamente il tessuto sociale di queste zone visto che si rischia un ulteriore spopolamento, rimuovere le macerie il più presto possibile e partire con la ricostruzione eliminando la burocrazia: è assurdo che ci sono tra le 18 e le 22 autorizzazioni da richiedere per poter costruire. Serve uno snellimento e semplificazione delle procedure. Proponiamo l’istituzione della Zona economica speciale che prevede l’esenzione dalle tasse per chi vive nel cratere e attira investimenti importanti per l’avvio di nuovi insediamenti produttivi”

Sanità: in che condizioni si può realizzare un ospedale di vallata? E invece perché il mantenimento di due ospedali dovrebbe essere la scelta migliore?

“L’ospedale unico non va realizzato perché significherebbe la morte degli altri due ospedali. E’ un modello sanitario superato e chi ha gestito la sanità in questi anni ha pensato a togliere posti letto e allontanare il paziente dal servizio sanitario cercando di accentrare i servizi. Vogliamo un’ospitalità diffusa sul territorio e rivedere il modello del Pd. Un ospedale non può sostituire tutto il resto, bisogna dare fiducia e responsabilità ai medici di base, far funzionare le case della salute e presidi sanitari vicini alla popolazione. L’ospedalizzazione deve essere, però, l’ultimo momento di un paziente; non possiamo immaginare che si vada subito in ospedale per ogni minimo problema. L’ospedale di vallata decreterebbe la lenta morte dei due ospedali di Ascoli e San Benedetto”.

Turismo: quali sono i progetti concreti per aumentare la conoscenza del nostro territorio?

“Bisogna potenziare i vari turismi che esistono. Sul Piceno dobbiamo puntare sui prodotti tipici , le cantine e gli agriturismi. Sul turismo religioso, ad Ascoli bisogna potenziare il discorso dei Cammini, come quello Francescano della Marca che va potenziato, così come il discorso legato  patrono di Ascoli S.Emidio, protettore dal terremoto. Lavorare sulle strutture ricettive della costa, aumentandone la modernità e la loro qualità. Iniziare ad investire sulle zone del sisma, costruendo ostelli rivolti a chi ama camminare in montagna. Serve una promozione del territorio coinvolgendo tutti i Comuni della provincia”.

Ripartenza, covid e crisi: come arrestare il boom di disoccupazione che si staglia all’orizzonte?

“Bisognerà convivere con il Covid, ma i cittadini hanno dimostrato molta più maturità rispetto ad un governo che ha preso decisioni tardive, sbagliate e frettolose. L’unica cosa che riconosciamo a Ceriscioli è quando si mise di traverso rispetto al governo sulla chiusura delle scuole: se non fossero state chiuse all’epoca ci sarebbero stati molti problemi. Adesso abbiamo maggiore consapevolezza del rischio ma, facendo gli scongiuri, il Piceno ha avuto solo 13 morti per Coronavirus, una cifra molto già bassa rispetto ad altre patologie. Non dobbiamo certo abbassare la guardia, ma se non siamo morti di Covid, rischiamo di morire di fame. Dobbiamo proteggere gli anziani e le fasce più deboli ma ripartire: non possiamo fare altre chiusure, ma saper gestire i cluster e intervenendo in maniera diretta e chirurgica”.

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