Indice di vulnerabilità: controlli il prima possibile, ma poi cosa fare?

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Dopo il servizio andato ieri sera nel programma “Le Iene” si è parlato dell’indice di vulnerabilità sismica. Una tematica annosa, per la quale non esiste un criterio che stabilisca a livello di legge la chiusura – da parte di chi? – di un edificio di interesse strategico e/o rilevante in caso di un valore di vulnerabilità sismica basso.

Facciamo dunque chiarezza per quanto riguarda questo tema così importante. Nel marzo 2013 è scaduto, dopo ripetute proroghe, il termine ultimo entro il quale gli edifici e le opere di interesse strategico dovevano essere sottoposti ad una verifica tecnica per stabilirne il grado di sicurezza in caso di evento sismico. La verifica – svolta da tecnici abilitati – consiste nella modellazione di calcolo attraverso software di ciascun “corpo di fabbrica indipendente” che compone l’opera, accompagnata da indagini conoscitive più o meno approfondite. Una scala che va da zero ad uno, dove ad uno ci sono edifici antisismici che non subiranno danni strutturali in caso di sisma, a zero invece gli edifici ad alto rischio.

L’obbligo di sottoporre gli edifici alla verifica di sicurezza sismica si riferisce a tutti gli edifici e le opere di interesse strategico, indipendentemente dal fatto che il proprietario sia pubblico o privato e indipendentemente dai programmi e dai finanziamenti stabiliti a livello nazionale o regionale. In particolare, ai sensi delle norme vigenti, è obbligatoria la verifica mentre non lo è l’intervento: a seconda dell’esito della verifica il proprietario deve programmare eventuali interventi da realizzare entro un determinato periodo di tempo, in funzione appunto dei risultati della verifica stessa. Tant’è che ad oggi, molti edifici sia pubblici che privati non si sono dotati di questo indice.

Ecco l’articolo 2, comma 3, dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 3274 del 2003 che stabilisce: “è fatto obbligo di procedere a verifica, da effettuarsi a cura dei rispettivi proprietari, pubblici e privati, sia degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso”. Sono escluse da tale obbligo soltanto le opere costruite o adeguate ai sensi delle norme sismiche emanate successivamente al 1984 e a condizione che siano situate in zone per cui la classificazione sismica non risulti più severa rispetto a quando sono state progettate o adeguate.

In particolare, il comma 3 dell’art. 2 dell’ordinanza citata prescrive l’obbligo per i singoli proprietari di verifica sismica degli edifici e delle opere stesse; mentre il comma 4 prescrive l’obbligo per lo Stato e le Regioni di procedere alla redazione dei piani temporali delle verifiche, degli elenchi degli edifici e delle opere da verificare, delle indicazioni tecniche da fornire ai proprietari degli edifici e delle opere per uniformare lo svolgimento delle verifiche stesse. Con il decreto di Protezione Civile 3685 del 21 ottobre 2003 lo Stato ha emanato le disposizioni attuative relative al comma 4 sopra citato, e le Regioni, ciascuna con propria deliberazione, hanno emanato le prescrizioni per gli edifici e le opere di loro competenza (ospedali, edifici per l’emergenza, scuole, centri commerciali ecc..). Sulla scorta delle disposizioni statali e regionali, ogni singolo proprietario dell’edificio o dell’opera strategica e/o rilevante è stato messo in grado di procedere con l’esecuzione delle verifiche a cui è strettamente tenuto per l’obbligo derivante proprio dall’art. 2, comma 3, dell’OPCM 3274/2003.

La verifica di vulnerabilità ai fini sismici, ad esempio di un edificio scolastico, tiene conto del comportamento della struttura principale che costituisce l’opera (dalle fondazioni, fino alla copertura) e di tutti gli aspetti riguardanti la stabilità di elementi non strutturali (controsoffitti, impianti, corpi illuminanti, scaffalature, comignoli, ecc.) e di altri dati. In ogni caso, la legge prescrive che la verifica sismica debba accertare il livello di adeguatezza dell’opera rispetto agli standard definiti dalle norme tecniche vigenti (DM 14/01/2008) e le possibili vulnerabilità in termini qualitativi. 

Fatto sta che ad oggi la città di Ascoli – in quelli che risultano essere edifici di interesse strategico e rilevanti come le scuole – non risulta avere alcuna certificazione d’indice di vulnerabilità sismica. Il sindaco di Teramo Brucchi dopo le ultime scosse di gennaio – con colpevole ritardo (meglio tardi che mai verrebbe da dire) – tramite un’ordinanza ha dato il via agli ultimi controlli che costeranno oltre 400.000 euro in quelle scuole ancora prive dell’indice di vulnerabilità; nella nostra città invece nessuno muove un dito. Ma poi, una volta che si avranno questi dati, come andranno letti? Cosa dovranno fare i Comuni? Chi si prenderà la responsabilità di tenere aperta una scuola con un valore di rischio alto? Probabilmente basterebbe portare ad 1 la scala dell’indice di vulnerabilità sismica, con adeguamenti sismici anzichè miglioramenti in tutti quegli edifici strategici e/o rilevanti…ma intanto che si faccia il primo passo: stilare questi benedetti indici di vulnerabilità sismica. Iniziare una volta per tutti a dare l’esempio, in questo paese dove si è abituati a scarica il barile l’uno sugli altri non sarebbe la miglior cosa? Salvare vite dei nostri bambini che ogni mattina vanno a scuola è sicuramente una priorità.

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