Motivazioni sentenza Corte d'Appello Fedrale: "Teramo in D sarebbe stata una doppia retrocessione"
Sono arrivate le motivazioni della sentenza in merito alla vicenda Savona-Teramo. Ecco una parte delle 77 pagine prodotte dalla Corte d’Appello Federale, in cui vengono spiegati i ruoli dei principali personaggi. Per il presidente Luciano Campitelli, la Corte riconosce una fase iniziale di restio, che però si tramuta in piena partecipazione all’illecito con annesso finanziamento dell’operazione. Ecco spiegata la responsabilità diretta confermata per il club abruzzese. Finalmente si pone la parola fine a questa vicenda che ha ferito e non poco tutto il calcio italiano.
“[…] Anche laddove si dovesse ritenere non dimostrata la partecipazione del presidente Campitelli all’incontro della mattina del 2 maggio, cionondimeno, non ne risulterebbe, di certo, comunque scalfito il convincimento di questa Corte in ordine al personale coinvolgimento dello stesso nella realizzazione della combine. Rimarrebbe, cioè, comunque, provata, secondo lo standard probatorio in premessa di motivazione indicato, la partecipazione del presidente Campitelli e la messa a disposizione, da parte sua, delle somme necessarie a compensare i vari partecipanti al disegno alterativo. Sotto tale profilo, del resto, francamente eloquente appare la denuncia di furto che il presidente Campitelli (cfr. estratto del quotidiano “La Città” del 5 maggio 2015 allegato all’atto di intervento dell’Ascoli Picchio) afferma aver subito proprio nella notte successiva alla partita de qua e proprio per la somma di circa 70.000, corrispondente al prezzo della combine. Del resto, non può che prendere atto, questa Corte, del fatto che, sul punto, le difese interessate non abbiano speso una sola parola. Né può essere in alcun modo condivisa la tesi adombrata dal Teramo Calcio secondo cui, laddove combine vi sia stata e laddove nella stessa fosse coinvolto il d.s. Di Giuseppe, questa avrebbe avuto quale unica finalità quella delle scommesse sportive […] In definitiva, una lettura unitaria della fattispecie ed un esame non atomistico (come, invece, sostanzialmente proposto dalle diverse difese Di Giuseppe, Di Nicola, Teramo, Barghigiani) del complessivo materiale probatorio acquisito al procedimento, non lascia spazio a conclusioni diverse da quella cui è giunto questa Corte e, dunque, che Di Giuseppe, con la compartecipazione di altre persone e, in particolare, di Corda, Di Nicola e Barghigiani e altre, alcune delle quali, allo stato, non individuate, ha posto in essere atti diretti all’alterazione della gara Savona – Teramo e del risultato della stessa, al fine di conseguirne un vantaggio in classifica per la società Teramo ed assicurarsi, con una giornata di anticipo, la promozione della medesima in serie B. In tale suo programma alterativo Di Giuseppe ha coinvolto il presidente Campitelli che (per quanto, probabilmente, nella fase iniziale, restio) ha, comunque, aderito all’iniziativa e al progetto illecito, tra l’altro, “finanziando” l’operazione. Pertanto, il contributo del presidente Campitelli alla realizzazione della fattispecie prevista e vietata dall’art. 7 CGS appare decisivo, seppure la sua condotta, in un ottica di graduazione della sanzione, può essere considerata di intensità meno grave di quella del direttore sportivo teramano e, per questa ragione, ritiene questa Corte, che la sanzione a suo carico possa essere rideterminata in riduzione. Sotto detto profilo correttamente il Tribunale federale nazionale afferma che «da quanto risulta dagli atti processuali, è sembrato più determinato da un’opera di convincimento effettuata dal Di Giuseppe, che da una disponibilità propria del Campitelli a prendervi parte». Gli elementi ad oggi a disposizione di questa Corte, in altri termini, conducono ad un complessivo risultato probatorio che, in ordine all’affermazione di responsabilità dei sigg.ri Campitelli e Di Giuseppe per l’incolpazione di illecito, può dirsi contrassegnato dagli indefettibili predicati della ragionevole prova. Infatti, i frammenti probatori e indiziari acquisiti nel corso del procedimento, oggetto di attenta rivalutazione da parte di questa Corte, appaiono assistiti da una pregnante valenza dimostrativa, sì da consentire di escludere, sul piano della plausibilità giuridica e logica, una ricostruzione dei fatti alternativa a quella prospettata dall’accusa. C’è una chiara ed univoca convergenza indiziaria, suffragata da riscontri probatori oggettivi e, anche alla luce del senso comune e delle massime di esperienza, dalla logica di una, appunto, inverosimile alternativa ricostruzione della lettura della vicenda. Il quadro complessivo è, dunque, più che idoneo e sufficiente per condurre questa Corte alla serena affermazione della responsabilità dei predetti reclamanti. L’aggregazione di ciascuno degli elementi probatori sopra, in sintesi, passati in rassegna, e di quelli descritti tanto nella parte espositiva quanto in quella motiva superiore, unitamente alle modalità degli incontri, al linguaggio criptico utilizzato dai protagonisti della vicenda, alle contrastanti spiegazioni fornite dagli stessi, conducono, insomma, la Corte a ritenere dimostrata la robustezza del fondamento dell’accusa. Nessun dubbio, anche alla luce dell’inesistenza di una verosimile ricostruzione alternativa della vicenda, capace di resistere al semplice esame logico, può, pertanto, ragionevolmente sussistere circa la colpevolezza dei predetti reclamanti Di Giuseppe e Campitelli, esattamente affermata dai primi Giudici. Del resto, come in casi simili affermato da questa Corte federale, la responsabilità nella commissione dell’illecito è fattispecie che non può scontare la difficoltà probatoria in senso pieno, essendo essa ontologicamente e funzionalmente legata a comportamenti per loro natura sfuggevoli, che trovano quasi sempre il loro riscontro nelle affermazioni dei partecipi al progetto illecito. Ma siffatta difficoltà può essere superata laddove si sia in presenza di una serie organica di frammenti probatori aventi una loro convergente congruità oggettiva e generale che fanno raggiungere, come nel presente procedimento, al giudicante, il sereno convincimento dell’effettiva sussistenza dell’agire illecito, per quanto, specificamente interessa anche in funzione delle connesse diverse forme di responsabilità attribuite al Teramo Calcio, dei sigg.ri Di Nicola, Barghigiani, Di Giuseppe e Campitelli. Passando al profilo sanzionatorio mentre, per quanto qui interessa, le pene disciplinari inflitte al sig. Marcello Di Giuseppe appaiono congruamente determinate in relazione alla gravità dei fatti allo stesso ascritti e delle riconosciute aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS, la sanzione della inibizione di anni quattro posta a carico del sig. Luciano Campitelli merita, per le ragioni sopra precisate in ordine all’effettivo apporto del presidente alla organizzazione della combine di cui trattasi, di essere contenuta nel minimo edittale (tre anni) previsto dalla norma di cui all’art. 7, comma 5, CGS vigente all’epoca dei fatti. Il contenimento, nei limiti edittali, della sanzione della inibizione, che trova causa e giustificazione nel riconosciuto minor apporto, all’organizzazione ed alla realizzazione della combine di cui trattasi, del sig. Luciano Campitelli rispetto quella del sig. Marcello Di Giuseppe, non può estendersi anche alla sanzione dell’ammenda correttamente quantificata in € 100.000,00 (centomila/00), per effetto dell’operare delle aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, C.G.S.. Recita la predetta norma: «In caso di pluralità di illeciti ovvero se lo svolgimento o il risultato della gara è stato alterato oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito, le sanzioni sono aggravate». […] Orbene, in tale prospettiva, non nutre dubbio alcuno, questa Corte, per le ragioni già sopra complessivamente esposte, sul fatto che l’illecito di cui trattasi non si sia fermato al livello del tentativo, ma abbia trovato compiuta realizzazione, seppur ad indagini ancora in corso. Depongono, in tal senso, anche alla luce dell’effettivo risultato della gara (Savona – Teramo: 0 – 2), l’incontro post partita tra Barghigiani, Campitelli e Di Giuseppe (che, come detto, non può trovare altra realistica, logica e ragionevole spiegazione se non nel fatto di concordare e/o riaffermare le modalità di corresponsione del compenso per l’attività alterativa di tutti coloro che alla stessa hanno preso parte), le affermazioni di Ninni Corda, le risultanze delle intercettazioni telefoniche dell’11 maggio e seguenti, nelle quali si fa, in parte criptico, ma in parte anche piuttosto esplicito, riferimento a problemati
che inerenti la suddivisione del predetto compenso tra i protagonisti della vicenda. Del resto, i vari passaggi di denaro tra Teramo ed i diversi compartecipi alla vicenda non trovano alternativa ragionevole spiegazione, se non in quella di rappresentare il compenso per la combine. Accertata ed affermata la responsabilità, in capo ai sigg.ri Campitelli e Di Giuseppe, in ordine all’alterazione del risultato della gara Savona – Teramo di cui trattasi, non può che conseguirne l’affermazione della responsabilità, rispettivamente, diretta e oggettiva, a carico della società Teramo Calcio s.r.l., con le contestate aggravanti di cui si è appena detto, oltre a quella presunta, ai sensi dell’art. 4, comma 5, CGS, per l’illecito sportivo commesso a proprio vantaggio da persone ad essa estranee, come sopra e in atti meglio specificato. Non possono, infatti, essere condivise le dettagliate argomentazioni pur suggestivamente offerte dalla difesa della predetta società. Le società, come noto, sono chiamate a rispondere a titolo responsabilità diretta, ex art. 4, comma 1, CGS «dell’operato di chi le rappresenta, anche per singole questioni, ai sensi delle norme federali». Alla responsabilità personale, dunque, del sig. Campitelli, presidente e legale rappresentante del Teramo Calcio s.r.l., consegue quella diretta della stessa medesima società. Del resto, ai sensi della norma di cui all’art. 7, comma 2, CGS, «Le società e i soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, che commettono direttamente o che consentono che altri compiano, a loro nome o nel loro interesse, i fatti di cui al comma 1 ne sono responsabili». Del pari, la società abruzzese deve essere chiamata a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva per l’operato del proprio dirigente Di Giuseppe. Come da costante giurisprudenza federale e come già sopra ricordato in occasione dell’esame della posizione di altri deferiti, la responsabilità oggettiva consegue in termini automatici e legali a quella materiale dell’autore del fatto illecito e non può, quindi essere elusa, ma solo graduata e misurata nei suoi limiti quantitativi sanzionatori. La posizione del sodalizio sportivo, nelle ipotesi in cui lo stesso è chiamato a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva, rimane del tutto estranea a quella dell’agente, che può addirittura non essere in rapporto organico con il club medesimo. Niente, in siffatte ipotesi, può essere, da un punto di vista per così dire soggettivo, “rimproverato” alla società e purtuttavia, la responsabilità oggettiva rimane prevista e codificata, anche attesa la sua funzione preventiva e la sua finalità dissuasiva, tendente, per quanto possibile, a porre un argine, segnatamente, agli illeciti dei tesserati. La SS Teramo Calcio s.r.l. deve, infine essere chiamata a rispondere anche a titolo di responsabilità presunta: infatti, ai sensi dell’art. 4, comma 5, CGS le società sono presunte responsabili «degli illeciti sportivi commessi a loro vantaggio da persone a esse estranee». Nella fattispecie la società è sanzionata perché, comunque, beneficiaria del comportamento illecito tenuto da un qualsiasi soggetto, seppur ad essa estraneo. Nel caso di specie ritiene questa Corte che sia rinvenibile quel centro di interesse e di profitto tra l’operato dei vari responsabili direttamente collegati al Teramo Calcio (sigg.ri Campitelli e Di Giuseppe) e degli altri soggetti coinvolti nell’illecito sportivo di cui trattasi e la sfera d’azione della predetta medesima società. Non vi è dubbio che l’attuazione concreta ed effettiva dell’illecito sportivo posto in essere dai sigg.ri Campitelli e Di Giuseppe, in concorso e cooperazione con gli altri soggetti nell’atto di deferimento meglio specificamente indicati (segnatamente, Marco Barghigiani, Ercole Di Nicola, Ninni Corda), ha comportato un indubbio, importante ed oggettivo vantaggio per la società Teramo Calcio s.r.l. Ciò premesso, è vero che tale forma di responsabilità (presunta) è esclusa «quando risulti o vi sia un ragionevole dubbio che la società non abbia partecipato all’illecito o lo abbia ignorato», ma tale circostanza esimente non sussiste, nel caso di specie, atteso che i sigg.ri Luciano Campitelli (presidente) e Marcello Di Giuseppe (direttore sportivo) erano non solo a conoscenza dell’illecito di cui trattasi, ma addirittura lo hanno proposto e/o condiviso e/o concorso a realizzarlo. Orbene, considerati complessivamente i fatti e le responsabilità attribuite alla Teramo Calcio s.r.l., per i titoli sopra indicati, nonché segnatamente, la responsabilità riconosciuta in capo al presidente Luciano Campitelli, come rivalutata, e quella riconosciuta in capo al direttore sportivo Marcello Di Giuseppe, come confermata, tenuto conto delle circostanze aggravanti di cui già si è detto, ritiene, questa Corte, che la sanzione inflitta in primo grado alla predetta società debba essere rideterminata. Infatti, avuto riguardo alla concreta fattispecie, considerato anche che, pur prescindendo dal vantaggio acquisito in esito alla vittoria sul Savona per effetto della combine, il Teramo Calcio avrebbe comunque conservato buone possibilità di raggiungere, sul campo, la promozione nella categoria cadetta e tenuto presente il principio di equità della pena, dovendo essere la stessa adeguata e commisurata all’effettiva portata dell’illecito e dell’eventuale relativo vantaggio acquisito, si reputa giusto applicare, nel caso di specie, la sanzione della revoca dell’assegnazione del titolo sportivo acquisito nel Campionato di Lega Pro, Girone B, disputato dalla SS Teramo Calcio s.r.l. nella stagione sportiva 2014/2015, come previsto dalla sopra richiamata disposizione di cui all’art. 18, comma 1, lett. l), CGS, nonché quelle dell’ammenda di € 30.000,00 (trentamila/00) e della penalizzazione di punti 6 (sei) in classifica da scontarsi nella stagione sportiva 2015/2016, nel Campionato di competenza. La misura sanzionatoria individuata dal Giudice di prime cure (retrocessione all’ultimo posto in classifica nella stagione sportiva 2014/2015, teoricamente meno gravosa nell’elencazione normativa) per il suo automatismo applicativo, appare, infatti, eccessivamente punitiva, esageratamente afflittiva e non adeguata alla concreta fattispecie, come caratterizzata dagli elementi e dalle circostanze oggetto di esame e qui esposte nella parte motiva precedente, poiché si tradurrebbe, nel caso concreto, in una retrocessione di ben due categorie (Serie D) rispetto a quella cui avrebbe avuto diritto (formalmente acquisito sul campo) a partecipare il Teramo Calcio s.r.l. (serie B), a fronte di un illecito circoscritto ad una sola gara e con la situazione di classifica (vantaggio di punti quattro sulla seconda, Ascoli Picchio) esistente al momento della realizzazione alterativa di cui trattasi, con ancora sole due partite da disputare. Del resto, il legislatore federale ha previsto la sanzione della revoca del titolo sportivo proprio in considerazione della squadra che giunge prima al termine del campionato, nei cui confronti l’applicazione della (sola) penalizzazione di punti in classifica o quella della retrocessione all’ultimo posto, a seconda del caso di specie, potrebbe rilevarsi rispettivamente blanda o eccessiva. Ogni sanzione inflitta per illecito disciplinare, invece, come detto, deve essere giusta, commisurata alle specifiche condotte e connesse responsabilità, graduata in relazione alla specifica vicenda ed alle circostanze (attenuanti o aggravanti) del caso. Così individuata, dunque, la sanzione principale, che questa Corte ritiene, appunto, giustamente remunerativa del disvalore sportivo che caratterizza le condotte alterative di cui trattasi e le connesse responsabilità assegnate dall’ordinamento federale alla società di appartenenza, la considerazione della gravità dell’illecito e del ruolo ricoperto dai sigg.ri Campitelli e Di Giuseppe all’interno della compagine calcistica, inducono questa Corte a temperare la riduzione della misura sanzionatoria di fatto apportata rispetto alla decisione di pri
mo grado e ad applicare, quindi, le ulteriori sanzioni dell’ammenda, nella misura già determinata in primo grado, e della penalizzazione di punti 6 in classifica, da scontarsi, alla luce del principio di afflittività, nella successiva stagione sportiva 2015/2016, campionato di pertinenza. Infatti, l’applicazione dei predetti punti di penalizzazione al campionato appena concluso, non avrebbe avuto, per la società Teramo Calcio, alcuna valenza afflittiva, attesa la già intervenuta revoca del predetto titolo sportivo.”
Ma che cazzo dite,le regole sono regole,se Campitelli c’entrava retrocessione all’ultimo posto,se non ci entrava punti di penalizzazione,siccome c’entra,questo che avete scritto è la classica sentenza all’italiana,na botta a lu circhie e una alla omma,cusci avete riscritto una bella sentenza del cazzo.