Palazzina vincolata, parere di Sgarbi respinto dalla Soprintendenza. Il giudice conferma

VITTORIO SGARBI

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il parere del critico d’arte Vittorio Sgarbi è stato respinto dalla Soprintendenza delle Marche e dal Consiglio di Stato. La villa sul lungomare di San Benedetto resta vincolata, seppure sia stata demolita dai proprietari. Parliamo della palazzina Petrocchi, al numero 38 del lungomare Marconi. Un caso che si trascina da quattro anni ed ora sembra essere arrivato ad una svolta con il pronunciamento del Consiglio di Stato, che ha respinto l’appello di Marco e Tiziana Egidi, procuratori della proprietaria e loro madre, Cecilia Petrocchi. I ricorrenti chiedevano l’annullamento del decreto n. 60 emesso dalla Soprintendenza il 7 aprile 2014, con cui l’immobile è stato vincolato poiché riconosciuto di “interesse culturale”. Rigettata anche la richiesta di risarcimento danni di circa 2milioni di euro, avanzata dai proprietari in quanto il palazzo venne demolito per trasformarlo in un residence, ma dall’aprile 2014 è rimasto un rudere sotto sequestro.
Dicevamo di Sgarbi. Il critico d’arte aveva definito la palazzina “priva di ogni interesse e dignità architettonica, nelle forme e nei materiali, anche inconsapevoli”. Questa  motivazione è stata utilizzata dai proprietari per rafforzare la tesi secondo cui l’immobile non poteva essere vincolato. La Soprintendenza ha invece espresso parere contrario, ma non c’è stata risposta diretta. A tale proposito il Consiglio di Stato chiarisce che la risposta al critico d’arte è insita nella motivazione del provvedimento di vincolo. “Provvedimento in cui si mettono in luce le caratteristiche dell’edificio e le sue peculiarità”, ciò “giustifica il particolare interesse e costituisce replica al parere del critico. Al riguardo, giova ricordare – spiega il giudice – che la pubblica amministrazione non è tenuta a confutare in maniera analitica ogni singolo punto, ma si può limitare ad una replica che faccia intendere le motivazioni del mancato accoglimento delle osservazioni del privato”.
I fratelli Egidi presentarono ricorso al Tar delle Marche contro il vincolo posto nell’aprile 2014 dalle belle arti. Per la Soprintendenza l’immobile in prima fila al numero 38 del lungomare Marconi è accostabile all’architettura razionalista, tendenza sviluppata in un periodo collocato tra le due guerre mondiali. Insomma, sarebbe stato realizzato negli anni Trenta. Per la proprietà, invece, l’edificazione risalirebbe agli anni  Sessanta. Tra i motivi della difesa veniva evidenziato che il Piano attuativo di riqualificazione e salvaguardia del patrimonio edilizio urbano del Comune di San Benedetto del Tronto, redatto nel dicembre del 2000 ed approvato il 4 febbraio del 2003, non fa menzione alcuna della palazzina Petrocchi, avendola pertanto esclusa dal novero degli edifici di rilievo storico, architettonico o culturale. Ma il Tribunale amministrativo delle Marche nel maggio 2016 confermò che l’immobile era sotto tutela. I proprietari hanno poi impugnato al Consiglio di Stato il pronunciamento del Tar che ha ribadito il vincolo della Soprintendenza sull’edificio e non ha riconosciuto la richiesta di risarcimento danni.
I fratelli Egidi sono stati difesi dall’avvocato Maurizio Discepolo, il ministero per i Beni e le Attività culturali, direzione per i Beni culturali e paesaggistici delle Marche, è stato rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato. Il Comune di San Benedetto non si è costituito in giudizio. L’amministrazione riviersaca era stata chiamata in causa per via delle competenze in materia urbanistica.
Ripercorriamo la vicenda. Il caso suscitò clamore nell’aprile 2014, quando il Nucleo tutela ambientale dei carabinieri di Ancona sequestrò il cantiere mentre le ruspe stavano demolendo l’edificio. L’evento ebbe maggiore risonanza perché capitò nel periodo di Pasqua, quando in Riviera facevano capolino i primi turisti e sul lungomare correva l’ora della passeggiata mattutina. L’edificio era in fase di abbattimento perché i proprietari avevano ottenuto l’autorizzazione dal Comune di realizzarvi un residence. Ma qualcosa non andò per il verso giusto. Gli uffici tecnici dell’amministrazione rilasciarono le autorizzazioni prima che scattasse il vincolo delle belle arti. E la demolizione iniziò il giorno in cui era scaduto il termine per vincolare la palazzina. Così sembra. Quando però i carabinieri apposero i sigilli al cantiere mostrarono il decreto di vincolo, firmato qualche settimana prima che cominciasse l’intervento. Ma pare che l’atto non fosse stato notificato in tempo alla proprietaria, altrimenti non avrebbe iniziato l’abbattimento. Sta di fatto che il Tar e il Consiglio di Stato hanno respinto la richiesta di annullamento del vincolo delle belle arti.
di FRANCO CAMELI – e mail: francocameli22@gmail.com

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