Soldato inglese venne messo in salvo ad Ascoli, i suoi discendenti tornano in città

Un soldato britannico fu salvato ad Ascoli durante la Seconda guerra mondiale: dopo 80 anni  i discendenti del militare e di chi lo aveva protetto hanno visitato i luoghi in cui il militare si rifugiò.

Tra l’autunno del 1943 e l’estate del 1944, tre famiglie ascolane nascosero, a rischio della propria vita, un giovane soldato inglese fuggito dal campo di prigionia di Sforzacosta e arrivato, dopo giorni di cammino, al monte di Rosara ad Ascoli. Si chiamava Dennis Hutton Fox,  ed era stato fatto prigioniero dalle truppe nazifasciste in Libia.

A distanza di 80 anni, le due figlie, i nipoti e una pronipote di Dennis sono tornati ieri ad Ascoli per incontrare i discendenti di quelle famiglie e visitare i luoghi in cui fu nascosto: il monastero di San Giorgio e il monte di Rosara. Una storia di coraggio e di amicizia, come quella che legò il giovane soldato britannico, in particolare, a Mattia Antonucci, uno dei tre padri di famiglia che, prendendosi un rischio enorme, decise di nasconderlo e proteggerlo tra i boschi e una grotta: ieri c’erano anche i suoi nipoti e i pronipoti.

“Una reunion nata quasi per caso – spiegano gli organizzatori Becco Giordani, Lorenzo e Luigi Mancini, parenti di Emidio Tassi, uno degli altri due capofamiglia che all’epoca decisero di nascondere il militare – Tutto è partito da un nostro messaggio su Facebook a Tomas Ableman, uno dei nipoti di Dennis: la cosa ha entusiasmato anche lui e alla fine da Londra sono venuti addirittura in otto”. “I motivi che ci hanno spinto a riprendere i contatti con loro – concludono gli organizzatori – sono stati da un lato la ricorrenza dell’80/o anniversario di questa vicenda e dall’altro la possibilità di poter contare ancora sulla presenza degli ultimi testimoni viventi di quel periodo”.

A condurre i parenti di Hutton Fox tra i boschi del monte di Rosara, infatti sono state due guide d’eccezione: i fratelli Emidio e Lianna Tassi, oggi arzilli 90enni, erano infatti tra i bambini che, sfuggendo alla sorveglianza dei tedeschi, rifornivano di cibo e acqua il giovane soldato. “Ricordiamo molto bene quei giorni proprio perché eravamo bambini – osservano – Eravamo infatti soprattutto noi, di tutte e tre le famiglie, a portargli tutto il necessario. Il motivo? Davamo meno nell’occhio e i tedeschi, che poco dopo l’8 di settembre del ’43 arrivarono al Monastero per osservare meglio San Giacomo, non ci davano troppa attenzione. I nostri genitori ci mandavano a turno, magari mentre portavamo al pascolo le pecore, nelle grotte dove si nascondeva Dennis.

Gli portavamo cibo, come uova al tegamino e frutta, oltre all’acqua e a tutto il necessario per sopravvivere”. “Nei periodi di minor controllo veniva anche al Monastero e saliva in casa – ricorda Lianna – Io avevo dieci anni: mi prendeva in braccio e mi metteva seduta sul caminetto. Poi, insieme agli altri bambini, ci insegnava i numeri in inglese. Io imparai a contare fino a 50!”. “Per noi è un sogno essere qui – commentano le figlie di Dennis, Margaret Last e Sheila Ableman, insieme ai nipoti (loro figli) Thomas, Kathrine, Oliver e Stephen – E’ la prima volta che veniamo in Italia insieme ed è la prima volta assoluta per i nipoti di Dennis, per il suo genero John e per la pronipote Anna, figlia di ThomasInsomma, ci sono tre generazioni nate da lui e probabilmente senza il coraggio delle famiglie di Antonucci Mattia, Tassi Michele e Tassi Emidio nessuno di noi sarebbe qui oggi”

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