Spopolamento montano, tiene solamente Montedinove. Perché?


MONTEDINOVE − In questi giorni l’Istat ha reso noti i dati relativi alla densità demografica dell’Unione Montana dei Monti Sibillini. Se ne evince un aumento crescente dello spopolamento. L’unico vero baluardo, contro tendenza, è Montedinove. Il Comune, primo accesso alle montagne dalla costa, vede aumentare i suoi residenti. Abbiamo intervistato il sindaco Antonio Del Duca, nonché vice presidente dell’Unione Montana dei Monti Sibillini, che quotidianamente respira e si confronta con le difficoltà dei piccoli centri e di tutta la montagna.

L’analisi del sindaco per la situazione particolare di Montedinove

«Si, ho avuto modo di vedere i dati − asserisce Del Duca −, e Montedinove, seppur lieve, registra una crescita delle residenze. Tutti gli altri Comuni − e lo dico con profonda amarezza − hanno subito una flessione, in alcuni casi anche sensibile.

A cosa si deve questo dato positivo del nostro Comune? La svolta, è stata decisamente segnata dall’investimento nell’energia rinnovabile. Parliamo di un impianto fotovoltaico di 994 kw, fatto quando ancora eravamo in pochi a crederci.

Ricordo gli enormi ostacoli affrontati. La stessa Provincia ha ostruito − quindi rallentato − tutta la progettazione che, chiaramente, aveva una scadenza, aumentando il rischio di perdere parte dell’incentivo.

Questo investimento ha dato linfa vitale alle casse comunali, permettendoci di  mantenere e potenziare i servizi essenziali: di ristrutturare piazze, vie, muretti fontane e strutture pubbliche…, curando cioè il paese per renderlo appetibile al turista. Non avendo nessun’altra prerogativa, abbiamo puntato sul turismo, dando visibilità ed economia alle strutture ricettive ed alle attività commerciali.

Montedinove ha già avuto un pesante spopolamento negli anni ’50-’70. Cino Del Duca, editore, filantropo, mecenate di fama mondiale, trascinò con sé a Milano e a Parigi  diversi nuclei famigliari con lo sviluppo industriale. Essendo persona profondamente generosa, più volte provò a chiedere cosa servisse nella nostra zona ma, di fatto, non si riuscì mai a concretizzare nulla, anche se il suo nome ha scritto la storia del calcio nel Piceno.»

Del Duca affronta le criticità dei paesi montani

«Mi viene subito in mente − riprende Del Duca− la scelta scellerata di togliere la ex USL 23 di Amandola, assoggettandola alla città di Ascoli Piceno con la nuova denominazione di USL 13. Così facendo, è caduta l’autonomia del bilancio dell’ospedale e delle strutture sul territorio. Questo è un motivo importante che ha segnato l’abbandono.

Era un modello di sana gestione. Godeva di un bilancio positivo di oltre un miliardo di lire. Aveva una struttura con circa 300 dipendenti, 11 primari, 1300 interventi di chirurgia e tanti servizi sul territorio con 3 distretti: Amandola, Santa Vittoria in Matenano e Force, distribuiti strategicamente. C’era anche un poliambulatorio a Comunanza.

L’ospedale dava lavoro e tantissime famiglie, si sono dovute spostare per proseguire il loro lavoro o ad Ascoli o a Fermo.

In questo momento storico particolare non possiamo non citare la crisi della “Whirpool” di Comunanza (e dei suoi indotti), industria che raccoglie un enorme bacino di lavoratori di questo territorio. Perdere questa azienda sarebbe un danno indelebile della salute economica della nostra zona.

Noi, amministratori di piccoli Comuni, non abbiamo la forza per attrarre grandi gruppi o industriali che potrebbero portare il lavoro qui.

Inoltre, la divisone della Provincie  di Ascoli e Fermo, secondo il mio parere, ha portato all’impoverimento nelle rappresentanze regionali e nazionali.

I politici − nazionali ma, soprattutto, regionali − devono essere presenti sul territorio, camminare tra la gente e percepire i loro disagi.

Non possono farsi vedere solo quando si vota o in qualche sagra sparuta, dileguandosi per tutto il resto del tempo.

Non devono varare provvedimenti generali: devono ascoltare e declinare le proposte, calibrandole sulle esigenze e differenze di ogni territorio.

La mancanza di politiche mirate aggrava questa situazione: l’abbandono delle campagne permette la crescita del bosco. Arriverà a ridosso delle nostre case.

Più volte ho cercato di far capire ai politici locali che basterebbe un decreto della Regione per far in modo che i terreni − quelli che sono parzialmente o completamente boschivi − potessero essere riutilizzati come terreni agricoli o modificati per insediamenti artigianali o industriali.

Nel Trentino si bonificano i boschi fino a 900 metri di altitudine per  insediamenti di meleti. Da noi è impensabile farlo.»

La mela rosa in particolare

«Sono dieci anni che come amministrazione comunale stiamo promuovendo su tutto il territorio montano la mela rosa dei Monti Sibillini, un frutto dimenticato. Nel passato era presente in ogni nostra famiglia. Non abbiamo un supporto concreto e importante di leggi europee e regionali che possono incentivare (giovani e meno giovani) ad investire su questo frutto, la cui richiesta è cresciuta in questi anni in maniera esponenziale. La produzione attualmente non soddisfa la domanda.

Le tante pubblicazioni del Professore Maggi dell’Unicam hanno dimostrato scientificamente le qualità salutistiche, antiossidanti e cosmetiche della mela rosa dei Monti Sibillini. Ha una potenzialità economica enorme per il nostro territorio. Insisto nell’appellarmi ai politici di competenza. Continuo a chiedere un progetto pilota, che coinvolga le tre Unioni Montane (Unione Montana del Tronto- dei Monti Sibillini e dei Monti Azzurri), coinvolgendo le tre Provincie di Ascoli-Fermo-Macerata, per arrivare alla denominazione “DOP”. Restiamo fiduciosi nel ricevere buone notizie.»

La mela rosa dei Monti Sibillini

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