Terremoto, i sindaci in Parlamento: “Dignità non fa rima con coglionaggine”

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“Avevamo già grossi problemi con la scossa del 24 agosto, ora abbiamo molti sfollati, con circa 700 persone al mare; a questo punto dobbiamo capire quanti sono disposti a tornare nel nostro territorio per cercare di mantenere il tessuto sociale del territorio, visto che è già stato colpito nel recente passato da un forte spopolamento”. Lo ha sottolineato, entrando alla Camera per la giornata dei Sindaci in Parlamento, il sindaco di Acquasanta (Ascoli Piceno) Sante Stangoni.

“Ora siamo tutti impegnati nel quotidiano, ma in termini generali – ha aggiunto il sindaco marchigiano – bisogna capire se ha senso o meno ricostruire, in questo ambito il primo decreto ci ha dato un a mano, ora vedremo cosa conterrà il secondo. L’importante è accelerare sugli iter burocratici”.

Senza usare giri di parole – come è solito fare – il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi: “La legalità, se si scelgono le persone giuste, si può sposare anche con l’eccezionalità. Lo smaltimento delle macerie, la messa insicurezza degli edifici, la viabilità, dovevano essere delle priorità. Le macerie, se non metti a posto la viabilità, ed io l’ho segnalata in data 14 settembre, è impossibile portarle via. Ed io ho profondo rammarico per questo. Se entro 20 giorni non si rimette la viabilità in sesto io evacuo il Paese, chiudo tutto, e chi vuole Cristo se lo prega. E la mia non è una provocazione. Se non c’è la viabilità, se non esiste sicurezza stradale, chi rimane qui cosa resta a fare? Oggi si va per strade sterrate, col rischio di restare impantanati, di sbandare. E il mal tempo che si è abbattuto sul Lazio non può essere considerato una eccezionalità. Non serve una laurea per capire che Amatrice è a 1000 metri d’altezza, in montagna”.

Il sindaco non le manda di certo a dire:  “In tempi non sospetti dissi che per noi il periodo critico sarebbe stato tra novembre e marzo. Che nessuno dimentichi che questa gente, la mia gente, ha avuto 237 morti. Non se lo dimentichi mai nessuno. Altrimenti si corre il rischio di esseref uorviati da altre cose. Non è che la dignità è segno di coglionaggine. Perché noi abbiamo 113 chiese che non ci sono più. Non c’è più un’attività economica. E allora non è che la dignità, non fare il pianto, significa che uno è coglione. Io sono uno che se gli si dà una parola, poi pensa che quella parola valga. Se invece capisco che quella parola non vale più, allora parafraso il film il gladiatore, quando lui disse ‘Al mio segnale scatenate l’inferno’. Io non voglio scatenare nessun inferno, ma che in questo momento si tenga in debito conto il sacrificio e lo stato d’animo di una intera comunità”.

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