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Terremoto, pastori sardi donano mille pecore ai colleghi di Cascia
Oltre 10 mila animali morti, feriti e aborti nelle aree del terremoto; è questo il dato che emerge da un’analisi della Coldiretti divulgata in occasione dell’arrivo a Cascia del maxi gregge di 1000 pecore donate dai pastori sardi ai colleghi delle aree terremotate a poco più di sette mesi dalla prima scossa di agosto. Al sisma si è aggiunto il maltempo nel mese di gennaio, che ha fatto crollare le stalle e costretto gli animali al freddo e al gelo, con decessi, malattie e diffusi casi di aborto. I pastori sardi hanno voluto rinnovare l’antica tradizione agropastorale della ”paradura” con la quale vengono offerte in dono una o più pecore a chi cade in disgrazia per risollevarne le sorti. La consegna del gregge, che conta anche numerosi agnellini, è avvenuta in un clima di festa con uno scambio di prodotti tipici della tradizione sarda e umbra, rallegrato da musiche folcloristiche e che ha coinvolto centinaia di agricoltori e allevatori, oltre ai rappresentanti delle Istituzioni. L’area del cratere, sottolinea la Coldiretti, è a prevalente indirizzo agricolo con una significativa presenza di allevamenti che è importante sostenere concretamente affinchè la ricostruzione vada di pari passo con la ripresa dell’economia che in queste zone significa soprattutto cibo e turismo. Sono 25mila le aziende agricole e le stalle nei 131 comuni terremotati di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo con 292mila ettari di terreni agricoli coltivati soprattutto a seminativi e prati e pascoli da imprese per la quasi totalità a gestione familiare (96,5%), secondo le elaborazioni Coldiretti sull’ultimo censimento Istat.
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Significativa la presenza di allevamenti con quasi 65 mila bovini, 40 mila pecore e oltre 11 mila maiali che sviluppano un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo. Il crollo di stalle, fienili, caseifici e la strage di animali hanno limitato l’attività produttiva nelle campagne, con lo stress da scosse e freddo che ha tagliato del 30% la produzione di latte mentre lo spopolamento ha ridotto le opportunità di mercato. Il dono del maxigregge è stato realizzato grazie ad una operazione logistica organizzativa senza precedenti coordinata dalla Coldiretti con l’arrivo di pecore da tutta la Sardegna, dalla Barbagia alla Gallura, dall’Ogliastra al Campidano, dalla Nurra al Sarrabus. Un gesto di solidarietà che acquisisce ancora maggiore valore se si considera che tantissimi pastori si sono privati di parte del proprio gregge nonostante la drammatica situazione di crisi che sta vivendo l’allevamento in Sardegna dove si trova il 40% delle pecore italiane.
Non è però mancata neanche la solidarietà della gente comune con una vera corsa all’acquisto dei prodotti terremotati che ha coinvolto quasi 1 italiano su 4 (24%) compreso il Santo Padre che ha incaricato espressamente l’Elemosineria Apostolica di comprare prodotti alimentari tipici delle aree colpite da distribuire a diverse mense caritative della città di Roma per la preparazione dei pasti donati. Un’opportunità resa possibile, sottolinea la Coldiretti, anche grazie ai mercati degli agricoltori di Campagna Amica che continuano ad ospitare gli agricoltori terremotati rimasti senza possibilità di vendita. Sono stati acquistati quasi 10 mila cesti di Natale con i prodotti delle aree colpite dal sisma, anche grazie all’enorme successo della vendita on line dal sito www.campagnamica.it, mentre oltre 50 mila italiani hanno assaggiato la ”caciotta della solidarietà”, ottenuta con il latte raccolto dalle stalle terremotate di Norcia, Amatrice e Leonessa, e il ”cacio amico” fatto con il latte degli allevamenti marchigiani. Per aiutare le aree rurali, conclude la Coldiretti, è ancora attivo uno specifico conto corrente denominato COLDIRETTI PRO-TERREMOTATI dove indirizzare la raccolta di fondi.
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Quei tir dalla Sardegna a me ricordano camion di deportati, carichi di mamme e cuccioli, che non moriranno certo di vecchiaia, che nessuno consolerà, finiranno tutti al macello. Per gli animali non c’è mai scampo, con o senza terremoto, sono destinati a trasformarsi in ammasso di carne, in sangue che cola. Sembra che il danno lo subisca l’allevatore che ha perde il gregge, per l’allevatore si tratta di profitto, perde il profitto. Per me il danno che vedo io sono le vite di quegli agnelli, di quei maiali, bovini, di tutti gli animali il cui destino è programmato ancora prima di nascere: il macello. L’economia si può rilanciare anche in una direzione etica. Cito un grande filosofo che è mancato da poco, Tom Regan. Era un macellaio: “Ho fatto a pezzi animali, ho tagliato a fette la loro carne, fino a che un giorno mi sono scoperto un difensore dei loro diritti. Questo è il mio percorso e dico che se ci sono arrivato io possono arrivarci tutti. Nessuno ha il diritto di trarre profitto dalla violazione dei diritti fondamentali di altri, umani o animali che siano. Il valore di ogni vita non è riducibile alla sua utilità per qualcun altro”.