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Coldiretti Marche: “Riaprire i ristoranti la sera con seri e precisi protocolli di sicurezza”
La zona arancione a macchia di leopardo rappresenta purtroppo di nuovo un forte freno per agriturismi e ristoranti dei comuni della Provincia di Ancona dopo un anno di estrema difficoltà e restrizioni più o meno marcate. E non va meglio nel resto della regione dove la zona gialla e il solo accogliere clienti per pranzo non basta a tenere in piedi un settore che offre canali di vendita fondamentali per le imprese agricole.
Complessivamente nel 2020 la ristorazione ha quasi dimezzato il fatturato (-48%) per una perdita complessiva di circa 41 miliardi di euro, secondo le stime Coldiretti su dati Ismea. “Vanno subito messi in campo protocolli precisi e sicuri– tuona Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Marche – e permettere l’apertura anche serale della ristorazione con controlli costanti e normative che garantiscano il distanziamento sociale e il lavoro in totale sicurezza. Se abbiamo persone sedute ordinatamente a tavola distanziate e ingressi contingentati non ci sono problemi. Negli agriturismi poi questi requisiti sono già presenti. Alle forze dell’ordine il compito del rigore nei controlli e nella repressione di chi se ne approfitta”.
Ampi spazi, pochi posti tavola: la campagna si conferma luogo ideale per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche come anche certificato dall’Inail che ha registrato appena lo 0,4% delle denunce da infortunio alla data del 31 gennaio scorso.
“Nelle Marche – prosegue la presidente Gardoni – abbiamo un migliaio di agriturismi, spesso situati in zone isolate, in strutture a conduzione familiare dove è possibile evitare il pericolo di affollamenti che, invece, si riscontra nelle città. Le continue chiusure, anche con ordinanze last minute che mandano a monte la programmazione del lavoro, e le limitazioni agli spostamenti tra Comuni hanno fortemente danneggiato le aziende agricole che proprio sulla ristorazione e sull’accoglienza poggiano parte del loro reddito”. L’agriturismo e le altre attività collaterali, come i servizi socio educativi, ad esempio, rappresentano quasi per un terzo del valore aziendale per le realtà marchigiane, quota aumentata di 10 punti percentuali negli ultimi 10 anni.
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