Covid e imprese: come uscire dalla congiuntura? Confindustria risponde

ASCOLI  – Le  imprese del Piceno hanno riaperto i battenti. Tra mille cautele dettate dall’esigenza di rispettare le norme di sicurezza. Il contagio sembra sedato nella nostra Regione. Ma ora il problema della ripresa da un lockdown devastante diventa prioritario. Ne parliamo con il Presidente di Confindustria Simone Mariani.

Le aziende del Piceno hanno subito fortemente a causa della chiusura forzata? Se si pensa al solo settore vitivinicolo, con il blocco della ristorazione… C’è stato chi non ce l’ha fatta?

Dopo il lockdown le difficoltà si stanno presentando trasversalmente in tutti i settori produttivi. La situazione purtroppo è gravissima per le imprese del turismo e per tutti i comparti. E non solo quello vitivinicolo, tra quelli che lavorano per il canale Horeca. Gli imprenditori del nostro territorio sono compressi tra mille incertezze e indicibili criticità. Ma stanno lottando – giorno dopo giorno – per garantire la sopravvivenza delle aziende. Molto dipenderà da come e da quando le Istituzioni nazionali ed europee riusciranno ad accompagnare concretamente le imprese fuori da questo vortice recessivo.

La ripartenza ha comportato l’adeguamento ai criteri di tutela dal contagio, con i dispositivi di sicurezza. Tutti si sono adeguati?

Certamente. Le imprese si sono immediatamente adeguate ai Protocolli. E hanno dimostrato – fin dai primi momenti di diffusione del contagio – grande attenzione. E profonda sensibilità nei confronti della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.

Ora il problema è tornare su livelli accettabili di Pil e bisogna correre. Come può lo Stato aiutare le imprese?
E’ indispensabile tornare a mettere gli imprenditori e le imprese al centro di tutte le politiche nazionali e locali. Senza le imprese, non c’è sviluppo. E non si creano posti di lavoro. E’ urgente abbandonare la strada degli interventi assistenzialistici. Forieri di consensi elettorali ma spesso miopi e di piccolo cabotaggio. Ed intraprendere percorsi di più largo respiro. Capaci di incidere veramente sulla competitività del nostro Paese. In questa direzione, lo Stato deve prima di tutto liberare le imprese dalla malaburocrazia. Ostacolo che impedisce di lavorare nella certezza del diritto e dei tempi. A meno che non ci si voglia arrendere all’idea di una decrescita felice. Il futuro sviluppo economico e sociale passa necessariamente attraverso una profonda riforma della Pubblica Amministrazione. Una riforma virtuosa, “a costo zero” per le finanze dello Stato. La rinascita non può prescindere da un riallineamento della politica ai problemi reali del Paese e alle vere esigenze del mondo produttivo. Questo oggi più che mai chiede semplicità, velocità e pragmatismo. Misure credibili e realistiche che servano davvero.

A proposito, i finanziamenti europei varati due giorni fa come potrebbero essere ottimizzati, evitando la distribuzione a pioggia e disperdendo così un grosso potenziale?

I 173 miliardi di nuovi finanziamenti europei potrebbero essere assegnati all’Italia. Ma dovranno essere erogati secondo una logica completamente diversa rispetto a quella seguita dal Governo con il recente Decreto Legge “Rilancio”. Importanti in esso le risorse finanziarie messe in campo. Tuttavia il nuovo provvedimento governativo è caratterizzato da una eccessiva frammentazione delle misure agevolative. E non è riuscito a definire una concreta strategia di sviluppo per il Paese. Un “mare magnum” di interventi che peraltro per essere efficaci richiederanno ben 98 decreti attuativi. E’ un decreto che presenta alcune buone proposte, penso ad esempio al rafforzamento dell’eco e sismabonus. Ma che si perde in mille rivoli di scarso impatto per l’economia. I nuovi fondi in arrivo da Bruxelles dovranno essere dirottati su un unico grande piano di rilancio degli investimenti pubblici e privati. Con l’obiettivo di modernizzare finalmente il Paese. Penso ad esempio ad un imponente programma per potenziare le nostre fatiscenti infrastrutture w ad un nuovo Piano “Marshall” per la digitalizzazione del nostro sistema produttivo.

Qual è l’umore tra gli imprenditori del Piceno? Quale il comune sentire tra i piccoli e i grandi?

Tra gli imprenditori c’è grande preoccupazione per il crollo della domanda nazionale ed internazionale. E per le problematiche legate al corto circuito dei pagamenti all’interno delle filiere. Ma noto altrettanta determinazione nell’affrontare sfide, fino a pochi mesi fa, inimmaginabili. D’altronde non poteva essere diversamente. Il coraggio e la responsabilità sono cromosomi di cui gli imprenditori del nostro territorio sono geneticamente portatori.

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