E’ morto Leo Buttafoco, il “signore” della Vespa

Leo Buttafoco

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Addio a Leo Buttafoco, storico rivenditore della Vespa Piaggio, in corso Mazzini. E’ morto all’età di 90 anni nella clinica Stella Maris dove si trovava ricoverato. Nel 2014 fu insignito del Gran Pavese Rossoblù, “Autentico esempio – questa la motivazione – di sambenedettese capace e generoso, nella sua pluridecennale attività di artigiano ha saputo conquistarsi con competenza e cortesia la fiducia di generazioni di clienti. La città lo ringrazia anche per la sua testimonianza lucida e preziosa di un periodo difficile e cruciale della storia cittadina come quello della guerra”. Buttafoco lascia i figli Saverio, Stefano e Antonio. Il funerale avrà luogo sabato 9 dicembre alle ore 10,45 partendo dalla clinica Stella Maris per il Santuario dei Padri Sacramenti.

Chi era Leo Buttafoco? Classe 1927, dopo la scuola di avviamento marinaro vorrebbe frequentare l’Istituto tecnico “Montani” di Fermo per assecondare la sua passione per la meccanica. Ma il padre, che gestisce un’officina e noleggia auto, lo manda a bottega da un elettrauto. Lì per lì il giovane Leo prende male questa imposizione ma più tardi si ricorderà delle parole di sua madre “Impara l’arte e mettila da parte”. Quando infatti nei primi anni ’50 affianca il padre (concessionario Vespa dal 1947) specializzandosi della manutenzione delle motociclette si rende conto che su quattro guasti tre erano elettrici e uno meccanico. La concorrenza è costretta a rivolgersi ad un elettrauto e lui, che nel frattempo prende lezioni di corrispondenza di elettricità, riesce a soddisfare ogni richiesta.
La guerra vede il giovane Leo dedicarsi ad un’altra passione che riesce anche a mettere a reddito: passeggiando sulla riva del mare osserva tante seppie spiaggiate e, con l’aiuto di un marinaio esperto, nella primavera 1944 si diletta a pescare seppie che in parte porta a casa in parte vende. Con la guerra l’attività di pesca è praticamente ferma; c’è solo un punto nero sulla distesa d’acqua: è Leo con il suo collega su un pattino intento a tirare su le nasse. I bombardieri che ritornano dalle missioni al nord più di una volta concentrano la loro attenzione su quel punto nero e si può immaginare la paura del giovane quando gli aerei alleati virano per osservare più da vicino se si tratta di un obiettivo da colpire. Nel frattempo la contraerea tedesca dalle colline reagisce e Leo si mette in testa un cesto per proteggersi dai frammenti di proiettile che gli piovono in testa. Il 28 novembre 1943 vede Leo Buttafoco testimone oculare di un episodio che segna la storia di San Benedetto: l’omicidio da parte di soldati tedeschi del maresciallo Luciano Nardone e del carabiniere Isaia Ceci chiamati dalla popolazione per difendere un deposito di viveri, danneggiato dal grande bombardamento del giorno prima, che stavano svaligiando proprio a due passi dalla casa e dall’officina di Buttafoco in corso Mazzini. In quel tratto dell’Adriatica si sviluppa la vita di Buttafoco che è giunto al suo 62esimo anno di lavoro. Collabora ancora con il figlio Saverio che ha raccolto l’eredità familiare e, a dimostrare che la curiosità per il nuovo non ha età, dieci anni fa si è specializzato nella manutenzione delle biciclette elettriche. Si è impegnato a lungo per promuovere l’uso delle due ruote: è stato direttore sportivo del Motoclub sambenedettese, nel 1987 fondatore e presidente del Vespa Club Sambenedettese, è stato anche consigliere del comitato festeggiamenti del Santo Patrono. Non ha trascurato l’impegno a favore degli altri: per 27 anni, dal 1978 al 2005, ha svolto volontariato prestando servizio come barelliere sui treni bianchi per Lourdes e Loreto. Nel 2009, per la lunga attività la Confartigianato gli ha attribuito il premio “ANAP Franco Saldari”.

 

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