Fase due, il Vescovo D’Ercole “Tre verbi per questo tempo: accettare, aspettare, fidarsi”

ASCOLI – Il Vescovo di Ascoli Giovanni D’Ercole riflette su quelle che saranno le modalità e le prospettive della cosiddetta fase due e nel post emergenza.

“Siamo alla ricerca di certezze e buone notizie per il dopo che auspichiamo inizi presto. Se ne parla dappertutto, ma con notizie contraddittorie e smentite che si smentiscono in continuazione. S’avverte una sufficiente dose di confusione. Che fare? non è forse vero che il coronavirus ci ha obbligato a capire a nostre spese quanto sia precario ciò che ritenevamo scontato: muoverci con libertà, incontrare le altre persone, non dover giustificare il perché e il come facciamo qualcosa? Tanti si stanno chiedendo cosa sia davvero importante e utile nel nostro modo di vivere e cosa, invece, stiamo scoprendo superfluo e ingombrante. È utile quindi fare un po’ di ordine e pulizia anche tra le abitudini stratificate nel tempo e le esigenze e urgenze ritenute spesso ineludibili” dice D’Ercole
“Adesso si ha voglia di superare il disagio, di voltare pagina e archiviare tutto come un incidente di percorso. Sui giornali e alla TV i verbi più usati sono riaprire, ripartire, ricominciare e quindi nuove discussioni su ipotesi e proposte anche queste con non poca confusione. Giustamente questo mio amico, e non solo lui, sottolinea che occorre in questi giorni riappropriarsi di vere nuove esigenze. C’è la necessità di chiarezza. La politica per decidere deve avere certezze inconfutabili dalla scienza.”, non si rende conto che si tratta di una comprensibile esigenza, ma di una pretesa altrettanto ingenua. La medicina, la biologia, la virologia, l’epidemiologia avanzano per esclusione, per approssimazioni progressive, per tentativi e hanno tempi difficilmente prevedibili. È ragionevole sperare che la dinamica della malattia, i meccanismi del contagio e l’efficacia dei trattamenti siano presto più chiari e controllabili” spiega il Vescovo.
“Si avverte una seconda necessità: avere certezze. Ci si chiede: Quanto durerà la pandemia? Cosa sarà possibile fare? Quali cose non potranno più essere come prima? Ce la faremo a tornare alla normalità e non vedere in ogni persona un potenziale untore del coronavirus quando fa il primo starnuto? Quando rientriamo nelle chiese?” aggiunge.
“La terza è l’urgenza di capire il punto di equilibrio tra il rischio sanitario e la necessità di lavorare, di produrre reddito per sopravvivere, di riavviare le attività ferme prima che sia troppo tardi. Il rischio di un impoverimento di massa è reale e ci preoccupa tutti. È ovviamente compito della politica e di chi governa valutare questo rischio e prendere le decisioni conseguenti. Non è facile e non vorrei essere al loro posto perché sbagliare ora significa compromettere il nostro futuro causando danni irreparabili ad un Paese già economicamente fragile e dissestato” dice D’Ercole
E infine “Tutti chiediamo chiarezze, certezze e indicazioni sicuramente giuste, ma, con sano realismo, ci dobbiamo però accontentare di approssimazioni, dubbi e rischi. Ed ecco allora che dobbiamo imparare a fare tre cose che non ci piacciono affatto e alle quali siamo totalmente disabituati: ACCETTARE consapevolmente il limite del nostro sapere, ASPETTARE rimodulando la nostra fretta risolutiva e FIDARCI di chi è chiamato a decidere malgrado tutti i dubbi”.
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