Il CineOcchio, “Hammamet”, il racconto degli ultimi mesi di Craxi

ASCOLI – Il 9 gennaio è uscito nelle sale il lavoro del regista italiano Gianni Amelio su Bettino Craxi, l’ex leader del PSI scomparso ormai da vent’anni (19 gennaio 2000). E’ un viaggio (tra elementi reali ed inventati) nel  racconto umano di un leader decaduto. Un scelta coraggiosa. Quando si sceglie di avere come focus Craxi si è consapevoli di aver aperto un capitolo che divide.
Il film nel suo sviluppo non cerca di porsi nè come un’agiografia nè come una condanna assoluta della figura dell’ex Presidente.

Siamo nel 1999, Craxi è nel pieno del suo “esilio volontario” in Tunisia. La famiglia si è divisa: la moglie e la figlia Anita – Amelio sceglie dei nomi di fantasia – sono lì con lui; il secondogenito è rimasto in Italia per portare avanti la battaglia sulla riabilitazione del nome del Padre.

A mettere in moto la plot ci pensa Fausto. Questo è il figlio di Vincenzo, uno dei più cari amici dell’ex leader socialista, morto suicida. Fausto, personaggio borderline, si legherà molto a Craxi. Il risultato sarà un legame pervaso da sentimenti contrapposti. Amore per tutta la storia della sua vita, odio perché reo di essersi “sporcato” con le tangenti ed appropriazioni indebite.

Il film, per una scelta condivisibile o meno, come detto sopra, non propende nè per un recupero totale dell’immagine di Craxi nè per una definitiva distruzione dello stesso; anzi il film mette sotto gli occhi come tali vizi siano intrinsechi con la natura italiana (“quelli che salgono sul carro dei vincitori”).

Il punto dei vizi indissolubilmente legati agli italiani è ben espresso nella visita dell’ “Ospite”, un vecchio “avversario e non nemico” politico. Nel confronto tra i due protagonisti emerge come il modus operandi fosse di tutti i partiti; Craxi, però, ha pagato per tutti, diventando il salvacondotto per chiunque fosse disposto a fare il suo nome agli inquirenti ed al “Giudice”.

Nel film, eccezion fatta per Bettino Craxi, a nessuno dei personaggi viene fornito il proprio nome. Resta dunque un velo di mistero sulla vicenda. Possiamo azzardarne alcuni: Vincenzo potrebbe essere Moroni, l’ Ospite potrebbe essere Fanfani ed il Giudice, invece, Di Pietro.

Ma non è la plot della storia a colpire: la scelta stilistica-narrativa, per onor del vero,  rischia di tagliar fuori una parte di pubblico più giovane; ma è un gigante chiamato Pierfrancesco Favino che sorprende – qualora ce ne fosse ancora bisogno – nel suo “essere totalmente Craxi”, ne assorbe i tormenti, le lotte, le espressioni facciali, i turbamenti, la gestualità e tutta la sua espressività. E’ davvero lui a tenere incollato lo spettatore allo schermo, guidandolo in quel flusso magmatico tra il suo “ego” ed il suo crepuscolo.

Una prestazione superba che da sola vale il prezzo del biglietto, un po’ meno la storia ed il suo sviluppo.

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