L’artigianato piace, ma gli operatori hanno a che fare con troppa burocrazia

ASCOLI – Alimentare, tipico, tradizionale. Ovvero il biglietto da visita di un territorio, sia in chiave di Pil che di occupazione e di attrattività turistica. Ma c’è un paradosso. Evidenziato dall’indagine elaborata dalla Cna nazionale, e rispetto alla quale purtroppo anche il Piceno non è esente da significative criticità, sulle difficoltà normative e burocratiche che queste imprese artigiane devono affrontare per fare quello che sanno fare.

La sintesi dei dati e dell’indagine, elaborata per la provincia dalla Cna di Ascoli, porta a una conclusione davvero poco incoraggiante, ovvero che consumare cibo sul posto all’interno di un’attività artigiana equivale a mangiare scomodi, dovendo inspiegabilmente rinunciare ai requisiti minimi che rendono confortevole un pasto, vale a dire l’utilizzo di sedie e tavoli abbinabili, nonché l’impiego di posate in metallo e di piatti in ceramica. Ne viene che il consumatore è costretto a sedere su sedie e sgabelli la cui altezza non deve risultare compatibile con quella del tavolo o del piano d’appoggio, in spregio, oltretutto, alle necessità di soggetti maggiormente sensibili quali anziani, donne incinte e bambini. Per di più, l’indicazione largamente prevalente di utilizzare soltanto posate, piatti e bicchieri a perdere, oltre a condizionare la qualità della degustazione (si pensi a cibi caldi come una zuppa o una minestra), risulta in controtendenza con le prospettive sostenibili di consumo, sempre più orientate alla sostenibilità e alla difesa dell’ambiente.

“Gli operatori artigiani del settore – spiega Luigi Passaretti, presidente della Cna di Ascoli – soffrono l’irrigidimento del quadro normativo, sia a livello ministeriale che regionale e comunale che hanno impedito all’impresa artigiana di sviluppare il proprio potenziale e di intercettare nuove opportunità. Oggi all’impresa artigiana del settore alimentare non è permessa la consumazione sul posto, né la vendita di beni correlati allo svolgimento della propria attività, salvo l’ottenimento dell’esercizio di vicinato, ossia di un titolo abilitativo proprio del commercio”.

“Il settore del cibo – aggiunge il direttore delle Cna di Ascoli, Francesco Balloni – che attraversa una fase di marcata espansione per via dell’evoluzione dei modelli di consumo, non può essere confinato entro gli stretti vincoli di una normativa difettosa, ma richiede un complessivo e coerente ripensamento di carattere culturale e legislativo, affinché sia posto nelle condizioni di sviluppare appieno le proprie potenzialità”.

Print Friendly, PDF & Email

Articolo Precedente

ll Pecorino di Fiorano tra i migliori vini d’Italia per Bibenda

Articolo Successivo

Proseguono i lavori per la rete della fibra ottica in città