“Prevenzione per riadattarci alla normalità”. La psicologa Irene Silvestri ci spiega i rischi legati alla quotidianità

ASCOLI  – Questa mattina abbiamo intervistato la psicologa Irene Silvestri, una tra le varie figure professionali che hanno aderito all’iniziativa “Telefono amico“. E’ stata l’occasione per approfondire in maniera più incisiva tutte le varie difficoltà che stiamo vivendo, provando ad analizzare anche i possibili lasciti che questa emergenza genererà.

Com’è nata questa iniziativa? Qual è l’idea di base che c’è dietro?

“Io mi occupo principalmente di bambini con disturbi dell’apprendimento e collaboro con varie iniziative di sensibilizzazione sul territorio locale. Questo progetto mi è stato proposto dal Dott. Quinzi. Ho accettato di getto.
Nel mio ambito si sente spesso parlare di prevenzione. E’ vero che i disturbi che possono emergere in questo momento sono contemporanei, è altrettanto vero che molti si manifesteranno in seguito. Quello che abbiamo pensato di fare è di fornire un aiuto, un supporto alla collettività. Non è un percorso di terapia, quello è molto più strutturato.”

State riscontrando una buona partecipazione?

Abbiamo ricevuto delle chiamate. In tutta sincerità, però, ancora non c’è il coinvolgimento – per quanto riguarda me – che si auspicava. Forse sta accadendo per il pregiudizio che la psicologia (o un qualsiasi professionista sanitario) si trascina dietro… Invece l’aiuto è umano. Non dobbiamo vergognarci. Quella parola in più può diventare chiave di volta per rintracciare quell’elemento positivo che non si riesce a scorgere.”

Quali sono i rischi collegati a questo periodo?

Come le dicevo prima, i rischi li vediamo già oggi. Stare chiusi a casa, rinunciare alla nostra quotidianità, distanziarci dagli altri – soprattutto dagli affetti -, trovarsi in prima linea per far fronte all’emergenza o affrontare un lutto sono tutte delle situazioni che fanno scaturire in noi una reazione. Questa può essere più o meno funzionale. Si sta parlando, di fatto, di resilienza, perché quello che stiamo vivendo è proprio un trauma. Il rischio è quello di non elaborare il tutto in maniera funzionale, generando nel soggetto ansia, paura, stress… Queste situazioni possono intaccare profondamente il nostro vissuto. Poi ci sono quelli a lungo termine. Su di questi possiamo basarci sul modello cinese, ma ancora non li conosciamo pienamente. E’ su questi che dobbiamo interrogarci prevalentemente.
Noi dovremo riadattarci alla quotidianità, la quale non sarà più quella di prima.”

Quali sono le categorie più esposte?

In psicologia le categorie vengono (in parte) a decadere. Noi parliamo di vulnerabilità. Per ognuno di noi, in base alla predisposizione genetica, ogni fattore ambientale e relazionale può influenzare la nostra vulnerabilità. Se già un soggetto è più predisposto a sviluppare determinate alterazioni ed i fattori ambientali influiscono su di lui, allora si manifesterà in maniera eclatante il disturbo. Io parlerei perciò di piano personale e soggettivo. Pensiamo a chi ha patologie pregresse, a chi vive situazioni di violenza domestica, alle persone sole…”

Riguardo gli studenti quali possono essere le principali criticità?

Anche qui vedo sia problemi che elementi positivi. Personalmente – riguardo ai ragazzi che sto continuando a seguire – sto riscontrando, lavorando al PC, una maggiore attenzione. Tutto dipende da come viene impostata la didattica. Deve essere coinvolgente. Il docente assume un ruolo preminente. Deve avere, nel confrontarsi con questa nuova realtà, la capacità di entrare in relazione col singolo. Le sue energie devono essere rivolte a far emergere il meglio dello studente. Non dobbiamo neanche dimenticare la figura del genitore. Deve essere bravo a lasciare il giusto spazio al figlio nel seguire la lezione, ma deve anche saperlo accompagnare quando si trova a dover affrontare i compiti. E’ un lavoro a tre (genitore, insegnante, psicologo) quello che deve essere portato avanti per contribuire alla formazione del ragazzo.”

Nelle mie varie interviste ho avuto spesso modo di sentir parlare di “possibile risvolto positivo post Covid”, secondo lei è così?

Certo! Il tutto però è da valutare – come le ho detto poc’anzi – sul piano individuale. I risvolti per il singolo potrebbero essere positivi. In questi giorni ho avuto modo di sentire varie mamme, una di loro mi faceva presente come questa situazione l’ha portata a rivalutare il tempo trascorso coi propri figli. Questa, ad esempio, è una esperienza positiva. Lei ha ricavato del buono da tutto ciò, verosimilmente cambierà la sua vita e farà delle scelte diverse anche in ambito lavorativo. Questo però vale solo per lei. Magari un’altra mamma userà questo momento per fiondarsi con ancor più vigore nel lavoro… E’ tutto molto personale. Da questa situazione potranno nascere degli elementi utili. Il progetto proposto parte anche da questa idea. Laddove c’è una difficoltà può nascere un punto di forza per la persona.”

 

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