Quando D’Annunzio descrisse le montagne da Porto D’Ascoli

SAN BENEDETTO DEL TRONTO– Gabriele D’Annunzio nel 1916, mentre volava sui cieli veneti, si ferì e perse in seguito un occhio. Durante la sua convalescenza scrisse il Notturno un poema in tre capitoli, chiamate “offerte”. Nell’opera la tormentata situazione personale, la perdita di alcuni suoi amici e della madre ispirarono il Vate a riflessioni meditative e secondo alcuni critici anche un po’ autoreferenziali. Nel secondo capitolo o “offerta” il poeta esprime la sua riflessione allucinata e dolorosa sulla morte della madre, davanti al fiume Tronto. Il fiume viene descritto come “ghiaroso, con qualche filo d’acqua turchina sotto un ponte di mattone biondetto mi salutò com’ella soleva salutare quando era contenta”. Il fiume è associato ai ricordi materni: “Avevo cominciato a tremare di lei lontano, come se il Tronto fosse l’orlo della sua vesta”. Il poeta vede o immagina carri, buoi il mare verde e azzurro, la sabbia, le fabbriche, gli uomini , le vanghe , le viti.” ma all’improvviso, porto d’Ascoli, in una insenatura delle colline modeste, appare la montagna grande. Cilestrina, aerea,nivale, confusa con le nuvole fulgide, mi rapisce nella sua bellezza taciturna”. D’Annunzio, abruzzese che conosceva bene le Marche, si fa “rapire” dal quello spettacolo in terra “sambenedettese” fatto di un fiume, dal mare e da montagne innevate che visibili da quel lembo di terra incutono un profondo e riverenziale silenzio.

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