Scuola e Covid, a tu per tu con Italo Farnetani. Quali azioni seguire?


ASCOLI PICENO − L’anno scolastico ormai sembra, salvo clamorosi dietrofront, tuttora invocati da alcune associazioni o partiti politici, alle porte. Iniziano a svolgersi riunioni tra personale amministrativo, docenti e famiglie per esporre le linee guida adottate dalla scuola per la lotta al contagio da COVID−19. Tanti i motivi d’apprensione. Abbiamo scelto di rivolgere il nostro sguardo ai più piccoli, intervistando Italo Farnetani. Uno dei pediatri più di spicco a livello nazionale, nonché accademico e giornalista. Ricordiamo il suo prezioso, quanto decisivo, contributo per il progetto nazionale delle “Bandiere Verdi”; il riconoscimento che viene concesso alle spiagge a misura di bambino − con rigorosissimi parametri −, drappo che sventola lungo tutta la Riviera delle Palme, dopo la recente “conquista” da parte di Cupra Marittima.

«Ormai le tre regole − afferma Farnetani − le conosciamo a menadito: lavarsi le mani, distanziamento e, ove richiesto, la mascherina. Naturalmente quando si parla di bambini è necessaria un’accortezza in più. Ci tengo a precisare che stiamo attuando delle misure che non ci siamo inventati, abbiamo attinto dal passato.
Forse, e questo potrebbe essere il primo concetto da analizzare, c’è stata una “nebulizzazione” dei dettami. C’è stata, secondo il mio parere, una velata incertezza che non ha aiutato.

Secondariamente, quanto storicamente, noi sappiamo che dopo i primi dieci giorni dal rientro a scuola vi è la prima ondata di raffreddore che si propaga tra i ragazzi. Non importa il clima, più o meno rigido, avviene sempre. Ecco, questa cosa andrebbe certamente evitata.

Come fare? Il lavaggio delle mani è essenziale. Deve esser fatto per almeno trenta secondi, frizionando e pulendo tutte le parti scoperte (fino al polso). Il Covid si trasmette (anche) attraverso le secrezioni del naso e degli occhi − si, deve essere prestata anche attenzione alla faccia −. Altro aspetto importante sono i giocattoli: ciascuno dovrà portarsi i suoi, evitando lo scambio reciproco. Ognuno dovrà tornare a casa con le sue cose. La trasmissione delle malattie nei bambini avviene (per la maggior parte) per questo uso promiscuo di giocattoli o accessori personali.  

La distanza − prosegue il pediatra − è sicuramente uno degli aspetti più ardui da preservare. Gli ambienti non vanno mixati. Non devono essere fuse le classi, neppure per mangiare insieme. O non si mangia a scuola o si mangia nella propria aula. Gli spazi comuni sono il vero fattore di rischio. La classe dovrà “vivere” nella propria aula. Perché questa posizione netta? Pensate ad un caso di positività conclamata. Un conto è limitare i danni, un conto è “quarantenare” tutti i bambini (senza dimenticare le famiglie) che sono passati dalla mensa perché il bimbo ha mangiato lì…

Negli anni passati sono stato contrario all’uso del grembiule a scuola. Ora penso che andrebbe tolto dopo la giornata di scuola appena il fanciullo viene ripreso da un familiare, richiuso in sacchetto e messo a lavare non appena si è rientrati a casa. Simile discorso potrebbe esser fatto per lo zainetto. L’ideale sarebbe togliere i vari astucci o quaderni presenti e lasciarlo nel baule dell’auto. Qualora non fosse possibile perché si torna a piedi? Lasciarlo fuori casa, magari in un fondaco o garage.

Voglio condividere anche un altro dato interessante. Sotto lock down abbiamo riscontrato un (pressoché) azzeramento di casi di pediculosi (infestazione causata da pidocchi). Questi rimedi, causati dall’avversa contingenza temporale, stanno giovando anche per altre situazioni che andavano, poi, curate.

La vera domanda ricorrente dei genitori nei miei confronti è sempre la stessa: come lo riconosco quando mio figlio ha il Coronavirus?
Ecco, all’inizio è difficile. Se ne può avere il sospetto quando si presenta un quadro sintomatologico severo, e nei bambini spesso è un’eventualità remota, seppur infettino e vengano infettati come un adulto.

L’esordio dei sintomi spesso è rappresentato da un raffreddore, una tosse leggera, febbre blanda (nel sessanta per cento dei casi non c’è), talvolta possono palesarsi dolori muscolari e cefalea. Il rischio che si corre, visti questi sintomi, è di non pensare che il proprio pargolo abbia il Covid. 
Altro discorso sarebbe se il bambino inizia a mostrare: difficoltà respiratorie, tosse forte e febbre (più o meno elevata). A questo punto deve essere necessariamente contattato il pediatra.

Cosa fare in caso di contatto tra positivo ed un bambino? Finché non c’è la risposta del tampone, non deve tornare a scuola

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