Soccorso in montagna, a fine agosto già la parità di interventi con l’anno precedente


ASCOLI PICENO − Mai come quest’anno gli interventi montani di soccorso sono diventati un tema di dibattito pubblico. Inizia a prender piede tra i cittadini la richiesta di far pagare, anche non integralmente, l’intervento di “Icaro”. Questo dato, insieme a tanti altri aspetti, è stato uno dei temi del convegno “La Montagna, tra criticità e bellezza”, l’evento organizzato e promosso da “Discover Sibillini”.

Emergente quanto lampante è la parità tra le operazioni di soccorso dell’intero anno passato e quello in corso. A fine agosto si è, di fatto, raggiunta la parità. Ha calcare la mano su questa stima, basata sui verbali, pesa anche un lock down: per tre mesi non si è potuti uscire di casa. Tale affermazione risulta suffragata anche dai dati nazionali del Soccorso Alpino e Speleologico, distanti di appena 52 interventi. La stazione CNSAS (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico) di Montefortino ha eguagliato gli interventi, quella di Ascoli ha una forbice esigua tra le due annate. Tali numeri sono stati il tema dell’intervento di Enrico Alberti, capostazione CNSAS di Ascoli.

Si palesa quindi un quadro di una mole di interventi estremamente concentrati, in un arco temporale minore; con la catena dei “Sibillini” che conquista il cuore degli escursionisti. Spesso le situazioni di pericolo, e conseguente richiesta di soccorso, sono causati da un’intrenseca incapacità dell’amante della montagna. Fermo restando che i tecnici del SAS (Soccorso Alpino e Speleologico) sono dei volontari, il costo del SASM (Soccorso Alpino e Speleologico Marche) è un’aliquota dell’ASL, copre i costi dei mezzi di soccorso e dell’attrezzature necessarie per le operazioni. Nella maggior parte delle Regioni italiane queste operazioni sono gratuite, salvo alcune eccezioni per infortuni lievi. Esistono delle vie alternative, come la sottoscrizione della tessera CAI, che prevedono la copertura assicurativa anche per questo tipo di recuperi.

Gli Accompagnatori di Media Montagna (“Niko” Orsini e Vincenzo Gagliardi) hanno raccontato come, spesso, le escursioni vengano intraprese con uno scarso equipaggiamento − in primis: le calzature − e scelte su delle informazioni social inesatte o non calibrate sull’escursionista medio. Negli anni (gli ultimi quaranta) si avuto un incremento del flusso turistico, rompendo, in parte, quel clima di intimità che si era creato tra gli amanti della montagna. La via da percorrere è quella sensibilizzazione. Un processo che chiede una cooperazione tra enti, istituzioni e privati cittadini.

Anche il “Parco Nazionale dei Monti Sibillini”, a detta della direttrice pro tempore, Maria Laura Talamè, è su questo “sentiero”. Un percorso intrecciato tra varie componenti per ottenere un risultato di turismo sostenibile. Perché le nostre catene non sono solamente montagne, sono la casa di una varietà infinita di animali; con l’escursionista che ne è, in fine dei conti, ospite. Il biologo del “Parco”, Alessandro Rossetti, ha sviscerato come vi siano 77 specie di interesse comunitario (5 prioritarie):
13 specie di inverterbrati; 3 specie di pesci; 16 specie di rettili e anfibi; 18 specie di uccelli + 9 specie di uccelli migratori; 15 specie di mammiferi; 3 specie vegetali.

Gli amministratori possono fare tanto, oltre che intercettarne le criticità, possono rendersi volano e promotori per iniziative di recupero di siti dall’alto valore turistico o culturale. Ne è un esempio la rete di sentieri che collega i borghi del comune di Acquasanta Terme. Un progetto esposto e raccontato dall’assessore al Turismo, Elisa Ionni.

L’integrazione per Paola Romanucci (presidente della sezione CAI di Ascoli) tra il “Terzo Settore” e gli ambienti montani può essere una risposta che, in parte, sviluppi quel legame autentico che si dovrebbe instaurare tra un fruitore e l’aria aperta. Ne è un paradigma l’esperienza di “Arquata Summer Camp“. I ragazzi, per natura, sono molto più aperti e sensibili all’apprendimento. Un racconto che si fonde tra l’opera di chi ha fatto (come la costruzione dello “Zilioli”, ora destinato a “nuova vita”) e chi farà qualcosa per la montagna.

In chiusura: i dati degli interventi sono un forte segnale d’allarme di un qualcosa che sta mancando − interroga tutti, con la necessità di risposte e proposte da chi se ne può o dovrebbe farsene carico −. La via più breve è quella di una posizione che vorrebbe o il massimo della libertà, facendo finta che tutto vada bene, o il massimo della chiusura, considerando quegli spazi incontaminati come una “riserva”; ma la montagna ha bisogno di vita. Questa la porta solamente un popolo disposto ad abitarla, secondo le regole che lei chiede e merita.

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