Dalla rivolta di Modena al carcere di Ascoli, un esposto per far luce sulla morte di un detenuto


ASCOLI PICENO – Lo scorso marzo l’Italia, nel pieno della prima ondata pandemica, era toccata dalla notizia della rivolta di alcuni istituti penitenziari. I fattori scatenanti furono il sovraffollamento e la sospensione di ogni attività esterna o colloquio interno. Rammentiamo che il dato nazionale ci dice come oltre 20 mila posti siano attualmente, in Italia, in difetto, rispetto alla capienza delle case circondariali presenti. Tra i tanti, quello maggiormente sotto la lente dell’opinione pubblica fu quello di Modena. Ben nove furono i detenuti deceduti nel carcare emiliano, con altri quattro che perirono in altrettante strutture di reclusione italiane; fatto che spinse l’apertura di un’indagine da parte delle istituzioni. Alcuni carcerati “modenesi” furono spostati in altre Regioni. Sei di loro sono destinati al carcare del Marino del Tronto, uno di loro morirà, poi, nel Capoluogo piceno.

Le prime affermazioni riportate fino a questo momento risultano essere pacifiche, ad accendere i fari sulla narrazione fatta finora, colorandola di dettagli, sono stati cinque detenuti che hanno condiviso con il defunto le ultime due case circondariali. E’ stato presentato un esposto presso la Procura di Ancona, coi firmatari che parlano di pestaggi – avvenuti sia a Modena che ad Ascoli – e che chiedono di essere ascoltati per poter fornire la propria testimonianza. Sappiamo che tali audizioni, concernenti però le inchieste in corso per i fatti di Modena e sulle denunce presentate ben prima dell’esposto, dovrebbero essere avvenute a stretto giro in questi giorni o siano prossime dall’essere espletate. Queste informazioni ce le ha fornite l‘Onlus cosentina “Yairaiha” che si è fatta promotrice di questa battaglia, incaricata dai familiari di alcuni dei detenuti “modenesi”.

Riportiamo la conversazione avvenuta con loro questo pomeriggio

«L’esposto presentato – afferma la Onlus – mira a far luce su delle condotte che meritano di esser chiarite. Gli stessi detenuti, con tale iniziativa, si sono resi disponibili ad esser ascoltati. Il primo dato che non coincide è il fatto che, secondo il carcere ascolano, il recluso sarebbe deceduto, in data 09-03-2020, in ospedale. I promotori, invece, dicono che tale decesso sia avvenuto nelle struttura detentiva. Anzi, sia arrivato nel Piceno in uno stato già, fisicamente e psicologicamente, compromesso. La motivazione ufficiale (per tutti i decessi avvenuti) è quella di una overdose – nella rivolta a Modena vi sarebbe stato un assalto ai medicinali, tra i quali risulta esserci il metadone, ndr –  di farmaci, ma, stando alle loro parole, il carcerato non sarebbe stato trasferito in ospedale, nonostante presentasse dei sintomi preoccupanti ed urlasse dal dolore.

Quest’ultimo sarebbe giunto al carcere di Ascoli “in evidente stato di alterazione da farmaci tanto da non riuscire a camminare e da dover essere sorretto da altri detenuti”. Gli stessi cinque avrebbero richiesto un intervento da parte dei sanitari, non ricevendo alcuna risposta. I “modenesi” dicono nell’esposto di essere “stati picchiati selvaggiamente e ripetutamente dopo esserci consegnati spontaneamente agli agenti, dopo essere stati ammanettati e private delle scarpe, senza aver posto resistenza alcuna”.

E’ bene dire che, dopo quest’atto formale verso la Procura, i cinque sono stati ricondotti a Modena e posti in regime di isolamento. La motivazione di tale decisione è da rintracciare nel dover essere a disposizione degli inquirenti. Ma, anche in questo caso, ci hanno segnalato (alcuni di loro) delle forti privazioni subite. A cosa mi riferisco? Al non vedersi consegnate delle coperte per far fronte al freddo, ad esempio. Sappiamo che già alcuni di loro sono stati spostati in altri istituti di detenzione, dopo esser stati ascoltati, ed altri lo saranno a stretto giro. Non abbiamo ancora delle informazioni in tempo reale, ma ciò che ti sto dicendo sono i messeggi ricevuti negli ultimi contatti avuti.
Naturalmente auspichiamo che questa indagine possa chiarire le reale dinamica dei fatti e che possa far luce sulla morte del carcerato».

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