Gabrielli cede il posto a Di Francesco e pronuncia l'arringa sul banco di FI

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Nel Consiglio comunale in corso in questo momento il presidente del Consiglio, Bruno Gabrielli, illustra le controdeduzioni alla mozione di revoca dalla caraica e contesta le integrazioni “con le quali è stata scritta la sentenza – spiega il presidente del Consiglio – per la revoca. A questo punto parlo per chi non ha contribuito ad integrare la delibera nel modo con cui sappiamo”. Il presidente del Consiglio, nel momento in cui si passa al dibattito sulla mozione di sfiducia, cede il posto al consigliere “anziano” Antimo Di Francesco e va a sedersi sul banco di Forza Italia, a fianco al capogruppo Valerio Pignotti e al consigliere Stefano Muzi.

“Mercoledì – illustra Gabrielli – mi sono recato in Procura e Prefettura a presentare un esposto. Io ho convocato i capigruppo avendo in mano una delibera, dopo qualche ora modificato, ma io avevo firmato altro. Chi eventualmente mi sostituirà sappia che  non si possono avere queste sorprese. Parlando con i consiglieri alcuni hanno detto di avere messo la firma alla mozione senza leggerla. Mi dispiace che a questa mozione abbia contribuito il capo di gabinetto del sindaco, pagato dai contribuenti per fare altro.

Inaccettabile che io venga accusato di non avere portato in Consiglio la delibera per i contributi alle associazioni: non ho mai ricevuto regolamenti inerenti la materia. La delibera non esiste.

Io cercato di dare contributo per risolvere il degrado dello stadio Ballarin e dell’occupazione del suolo pubblico per i dehors. Tutto nasce da una lettera della soprintendenza e il sindaco prese impegno di aggiornare il regolamento.

Mi accusano di intromissioni negli uffici: il presidente del Consiglio ha il ruolo di sovrintendere agli uffici, mi sono limitato a mettere in comunicazione gli uffici con la soprintendenza. C’era immobilismo.

Il Consiglio aperto – le spiegazioni di Gabrielli –   sulla sanità l’ho convocato con 17 giorni di ritardo, ammetto la mancanza, ma c’era il bilancio di previsione che non ammette deroghe oltre il 30 marzo”.

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