I giovani ascolani vanno all’estero? I dati dell’Istat analizzano il fenomeno

ASCOLI PICENO –  Un’indagine effettuata dall’Istat e riportata anche dal quotidiano economico “Il Sole 24 Ore” ha esaminato tutto il territorio nazionale per verificare quanti sono i giovani che hanno abbandonato il proprio territorio di origine per andare a vivere e lavorare all’estero in cerca di migliori opportunità. Nelle Marche, la provincia con il tasso maggiore di partenze è Ancona, con 42,59 giovani su 10mila abitanti che hanno abbandonato il proprio territorio per andare all’estero. Ascoli chiude la classifica con 39 ragazzi su 10mila che hanno fatto armi e bagagli e sono andati in Europa, Stati Uniti o Australia per cercare la propria strada. 

« Ci sono anomalie in questa classifica e sembra strano che Ascoli abbia questi numeri» dice il presidente dei Giovani di  Confindustria Centro Adriatico Massimiliano Bachetti « I nostri giovani, molto spesso, vanno a studiare nelle Università, ma poi preferiscono tornare qui per creare ricchezza qui grazie alla loro vocazione al manifatturiero, mentre nelle zone che hanno una maggiore propensione alla carriera finanziaria, i ragazzi preferiscono rimanere a vivere all’estero».  Per Maria Teresa Ferretti della Cisl « Molti giovani sono legati al territorio e si spostano in altre città d’Italia per poter mantenere un legame qui.  I ragazzi stanno preferendo le Università più vicine anche per una questione economica e poi trovano un’occupazione, anche se molto spesso, precaria. Le nostre facoltà offrono molte possibilità lavorative: penso all’Università Politecnica, che sforna ragazzi molto preparati che riescono a trovare lavoro qui» dice Ferretti « Molto spesso, però, ci sono barriere di tipo culturale, perché molti non riescono ad ambientarsi in altri Paesi. Ci sono casi di ragazzi che fanno l’Erasmus e che rimangono a vivere fuori, ma la maggior parte dei ragazzi resta legata al proprio territorio. Non siamo culturalmente così aperti ad affrontare il rischio di vivere fuori Italia e non c’è propensione ad affrontare queste situazioni».

Anche il mondo della scuola affronta questa situazione, anche se con sfumature differenti. « L’occupazione dei giovani che si diplomano da noi sfiora il 90%» dice la dirigente del “Fermi-Sacconi-Ceci” Patrizia Palanca, «I nostri diplomati restano a lavorare qui e solo chi va all’Università va via. Abbiamo notato chiaramente che non ci sono più posti di lavoro per i colletti bianchi, mentre aumentano le richieste, da parte delle aziende del territorio, di tecnici specializzati. Le aziende ricercano personale specializzato e le nostre scuole formano questa tipologia di lavoratori» dice la dirigente « E’ vero anche che molti ragazzi sono legati alla propria terra d’origine, ma noi abbiamo avuto tantissime richieste di meccanici da parte di industrie locali e spesso non riusciamo a soddisfare tutte le richieste. Questa situazione è in contrasto con il basso tasso di occupazione nella nostra provincia con l’alta richiesta di nostri diplomati». Anche il dirigente del “Mazzocchi-Umberto I” Nazario D’Amato evidenzia che « Come Istituto Mazzocchi abbiamo promosso molti scambi con l’estero e, in particolare, verso i Paesi europei, ma il sentore è che ci sia un problema culturale che denota un certo immobilismo da parte di molti ragazzi» dice il dirigente « Penso che la maggior parte degli studenti non prenda affatto in considerazione l’opportunità di andare all’estero. Francamente credo di non essere sorpreso da questi dati. Certamente c’è anche chi ha il coraggio di partire, ma non sembra essere la maggioranza».

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