Sfiducia a Ceriscioli, bocciata la mozione del Movimento 5 Stelle Marche

consiglio regionale

ANCONA – Sfiducia al presidente Luca Ceriscioli, bocciata la mozione del Movimento 5 Stelle Marche. I consiglieri regionali Gianni Maggi, Piergiorgio Fabbri e Peppino Giorgini (assente per malattia Romina Pergolesi) hanno chiesto oggi, 30 luglio, di inserire d’urgenza l’atto alla luce dell’inchiesta sugli appalti Asur, condividendo la richiesta con l’opposizione (i firmatari sono Zura Puntaroni, Zaffiri, Leonardi, Marcozzi, Malaigia, oltre appunto agli esponenti pentastellati). Ma la maggioranza ha respinto l’istanza.

«Nella seduta del 23 luglio – ricorda il capogruppo M5S Marche, Gianni Maggi – avevamo chiesto a Ceriscioli di riferire in aula in merito agli appalti assegnati dall’Asur Marche ora nel mirino della Guardia di Finanza, per i quali è coinvolto il direttore generale, Alessandro Marini con ipotesi di reato per tentata turbativa d’asta, turbata libertà di scelta del contraente e tentato abuso d’ufficio. In quell’occasione, il governatore delle Marche ci rispose che non sapeva nulla, abdicando di fatto alle sue responsabilità. Così abbiamo presentato questa mozione, assieme alle forze di minoranza, per avere immediate delucidazioni a tutela della sanità marchigiana. Ceriscioli, ribadiamo, dovrebbe esercitare funzioni di indirizzo e vigilanza sulla gestione degli enti, agenzie e aziende dipendenti dalla Regione, quale è l’Asur Marche. E non ci sembra, considerando quanto emerso, che lo abbia fatto adeguatamente. Questa, a nostro parere, è la peggiore giunta regionale dal 1974».

«È il presidente della giunta che nomina il direttore generale, quindi ha delle responsabilità politiche non indifferenti sia in merito all’etica che alla morale su questa nomina  – incalza Peppino Giorgini -. Il fatto che sia stato nominato a capo di un importante ente come l’Asur un maestro venerabile, membro di un’associazione segreta con ben 23 mila iscritti (fratelli), non è assolutamente opportuno, a nostro parere, dal punto di vista politico, oltre a non essere consentito dalle norme, come il DPR n.62/2013, la legge n. 17/1982 e l’art. 18 della Costituzione. Seppur non si possano rilevare profili penali in questa scelta, restano in gioco l’etica e la questione morale. La sensazione è che il presidente abbia fatto sua, fin da subito, la regola che un uomo politico possa comportarsi in maniera difforme dalla morale comune. Inoltre, Ceriscioli avrebbe dovuto sospendere il direttore generale in base alla legge n. 502/1992 art.3 comma 7 e pure alla legge n. 124/2015. Per questi e altri motivi, nonché per la mancata vigilanza sulla gestione degli enti controllati (che stabilisce legge regionale n. 1/2005), il minimo era una mozione di sfiducia».

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