Coronavirus: la storia di Virginia e Daniele, bloccati a Macao

ASCOLI – Una passione, un lavoro che davanti all’emergenza, scatenata dalla pandemia, si trasforma in un incubo. Questa è la storia di Virginia Rossi, una ragazza ascolana di venticinque anni, partita, insieme a Daniele De Santis, per Macao per cantare. Domani scadrà loro il contratto di lavoro, questa è l’unica certezza che hanno al momento.

Attraverso un’agenzia io e Daniele De Santis – un musicista di San Benedetto del Tronto di cinquantun’anni, ndr  – abbiamo ottenuto un contratto da piano bar in un hotel di lusso. Tutto questo accadeva nella metà di Ottobre. Ne ero molto felice, per me era la prima esperienza lavorativa all’estero.”

Con l’insorgere della prima ondata di contagi e del primo lockdown cinese hanno pensato anche di uscire dal contratto lavorativo e far rientro a casa. “Ci ha fermato la possibilità di essere dei potenziali vettori del virus, ma anche la ferma volontà dell’albergo di tenerci“.

La quarantena in Cina stravolge le loro vite. Per un mese – dal 5 Febbraio al 5 Marzo – sono stati fermi. Alla ripresa si trovano nella condizione di dover installare obbligatoriamente un’app dove si autodichiara di non aver sintomi e di non aver viaggiato nelle due settimane precedenti.

“Prima lavoravamo dalle 20 alle 24, dopo ci è stato chiesto di farlo dalle 18 alle 22. Macao è una città tra le più densamente popolate della Cina, coi turisti si arriva al milione di abitanti. Parliamo di una città che vive di turismo, piena di casinò e di hotel. Siamo stati fortunati ad aver avuto, tutto sommato, pochi casi di Covid“.

Ma il principale motivo di apprensione per i due artisti scaturisce dal fatto che domani scadrà loro il contratto lavorativo.

Noi abbiamo un visto lavorativo, una volta terminato il contratto di lavoro abbiamo una settimana per lasciare il Paese, altrimenti saremo bloccati qui da clandestini. Abbiamo inziato a vedere i voli per tornare, il problema è che questi vengono cancellati di continuo, alcuni anche a ridosso della partenza. Ad oggi non ve ne sono; e comunque, qualora riuscissero a farne uno, sono tutte tratte da 50 ore di viaggio e prevedono il transito per Londra (noto ed attuale focolaio del Covid).”

Naturalmente i due non sono rimasti con le mani in mano. “Siamo in costante contatto con il consolato italiano di Hong Kong. Loro si sono dimostrati davvero solerti nel prendere a cuore il nostro problema. Ci è stata paventata la possibilità di avere un bus che ci potrebbe scortare all’aereoporto per tornare, purtroppo per prenderlo abbiamo bisogno di avere in mano il biglietto dell’aereo. Recentemente – e sembra essere la possibilità più concreta – si sta lavorando per ottenere dall’amministrazione locale un prolungamento del visto. Di certo e concreto, però, c’è poco.

Virginia passa le giornate “controllando voli, siti istituzionali italiani e cinesi, e lavorando“. Nonostante tutto non smette di affrontare la difficoltà col sorriso, pensando anche ad altri connazionali che si trovano in questa condizione ed ai suoi colleghi italiani in forte difficoltà economica.
Vive nella costante attesa di una chiamata che possa dar loro una soluzione.

Naturalmente vi terremo informati su tutti gli eventuali sviluppi di quella che, a tutti gli effetti, è diventata una settimana cruciale per i nostri due conterranei.

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