L’editoriale, Ascoli Calcio: il bicchiere è mezzo pieno

La partita di ieri pomeriggio all’Arechi si presta al solito di dilemma: bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?
Al netto degli episodi – uno solo incide pesantemente sul risultato e non giustifica un silenzio stampa a tinte granata -, propendo per il “mezzo pieno”.

Chi guarda (ed ama) il calcio, chi ha la percezione di essere dentro ad un progetto tecnico, chi segue le conferenze stampa del tecnico non può porre tutta la sua attenzione sulla prestazione. Provando, talvolta, ad accettare che questa possa correre in maniera parallela al risultato.

Perchè dico questo?

Perché la performance sarà sempre in mano nostra, sarà sempre la somma tra la lettura del match da parte tecnico e lo stato psico-fisico della squadra.
Il risultato, invece, tiene dentro tutta una serie di variabili che ci siamo abituati a chiamare “episodi”.
Vendendo la partita di ieri si è notato come l’allenatore veneto abbia messo al centro delle sue aspettative la consapevolezza dei propri mezzi.
Per tutti i ’90 ha provato a fare il match, riuscendoci meno nella prima frazione, dominando il campo nel secondo.
Ad alcuni sarà sembrata una scelta insolita la decisione di “andare a fare la gara” a Salerno. Vedendo le nostre caratteristiche, sarebbe stato molto più nella nostra “comfort zone” il giocare col baricentro più basso, aspettare le loro salite e ripartire…
Questa visione non tiene conto dell’aspetto psicologico della rosa. E’ un roster pensato, voluto e costruito per essere importante ed in grado di stare nelle zone alte della classifica; ciò che è mancata è sempre stata la consapevolezza delle loro qualità.

All’interno di questa cornice possiamo, poi, iniziare a smussare gli errori individuali.
Se guardiamo il gol subito ieri, oltre ad un movimento inspiegabile a mezzaluna di Padoin che lo porta ad essere troppo distante dall’esterno granata, c’è un mancata reattività della linea difensiva nell’uscire per contrastare il tiratore.
Resta ancora uno step in più da fare da quei giocatori che con le loro qualità potrebbero illuminare ogni nosta partita.
Volendo fare un nome su tutti: Da Cruz.
Il talento olandese, ieri, è sembrato un po’ fuori dall’idea di un gioco corale.
Ha faticato a premere il tasto “on” e continua a mostrare un amore spropositato per la palla. Questo, spesso, ingolfa la manovra. La palla dovrebbe scorrere con maggiore armonia invece di essere sempre portata col solo scopo di puntare per l’uno vs uno.

In chiusura, restiamo una squadra dai margini enormi. Una squadra che per compiere il salto definitivo, all’insegna della continuità richiesta da Zanetti, deve, prima di tutto, conoscersi di più, ad iniziare dai propri punti deboli, per trasformare il tutto in risorse a proprio vantaggio.

Tutto il resto sono solamente “se”.  Nel calcio, chi guarda i “se” resta al palo, chi prova a sistemare ciò su cui può lavorare, pian piano, cresce.

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