Ritardo soccorsi a un lavoratore, azienda condannata a un elevato risarcimento

ASCOLI PICENO – L’azienda deve un risarcimento al lavoratore colpito da infarto nel caso in cui vi sia un ritardo nel chiamare i soccorsi. Lo ha stabilito la sezione Lavoro della Cassazione, respingendo un ricorso di Poste Italiane, condannata in appello a pagare un risarcimento da 175mila per danno biologico.

Il dipendente, nel 2001, durante l’orario di lavoro si era sentito male, ma – come si legge in sentenza (n.26751) – il suo superiore aveva “volutamente cercato di impedire e cosi’ aveva ritardato” la chiamata di un’ambulanza per soccorrerlo. La prima pronuncia, del tribunale di Ascoli Piceno, aveva disposto un risarcimento a carico delle Poste di minore entita’: 15mila euro per ‘lesione della dignita’ personale’. La Corte di appello di Ancona aveva invece collegato il ritardo dell’ambulanza al danno cardiaco riportato dal lavoratore. Un ritardo dovuto, secondo i giudici d’appello, in parte al comportamento del superiore che si era “fisicamente opposto a che venisse chiamato il Pronto Soccorso”, in parte alla struttura sanitaria. La Cassazione sottolinea che “con motivazione immune da vizi logico-giuridici la sentenza impugnata ha accertato che il gradiente di danno biologico conseguente al ritardo delle terapie dovute all’infartuato e’ stato pari al 50%. A sua volta
tale ritardo vi e’ stato sia nel chiamare l’ambulanza dall’ufficio” sia “in seguito da parte della struttura sanitaria”. La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, ha ben chiarito che il comportamento dell’azienda, “tramite il superiore” del lavoratore, “ha avuto efficacia causale rispetto non gia’ all’infarto del miocardio, ma all’entita’ del danno derivante dal ritardo nei soccorsi” e “chiunque concorra a determinare il danno ingiusto e’ tenuto, in solido con eventuali coautori, al risarcimento integrale del danno, danno da ritardo dei soccorsi, in caso di specie”.

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